Se n’è andato a soli 33 anni. Una bomba russa è esplosa sulla piccola ambulanzache lui stesso aveva allestito.
Chi lo conosceva racconta che i tic nervosi di Pete Reed scomparivano soltanto quando lavorava, che fosse in Kurdistan nel 2015, o a Mosul, in Iraq, nel 2017, oppure a Bakmut, in Ucraina, giovedì. Quando c’era da salvare feriti o evacuare civili, e intorno era solo l’inferno della guerra. L’ex marine americano, diventato capo dei commando di infermieri pronti a intervenire sui fronti dove non ci sono Ong né operazioni umanitarie, è morto il 2 febbraio a 33 anni. Una bomba russa è esplosa sulla sua ambulanza (un’ambulanza piccola, che lui stesso organizzava e allestiva), mentre faceva il suo lavoro, come ha scritto ieri la moglie Alex Potter su Instagram.
Si erano sposati un anno fa, si erano conosciuti in Iraq. Lei fotogiornalista, poi arruolata anche come infermiera, accanto a lui: “Pete stava evacuando i civili e curando i feriti. E’ morto facendo ciò che gli dava la vita, proteggendo col suo corpo un membro della sua squadra”. Reduce dall’Afghanistan, Pete aveva fondato Global Response Medicine, una squadra di pronto soccorso sanitario in situazioni di crisi estrema. Era partito per l’Ucraina a gennaio.
Messaggi di cordoglio, tristezza, lutto sono arrivati da mezzo mondo: da chi lo conosceva, da chi ci lavorava, da chi gli doveva la vita. Capelli fulvi e barba da hipster, fisico imponente, ma da ragazzo non ancora del tutto cresciuto, aveva messo la sua esperienza di marine, e poi di soccorritore a bordo di ambulanze, al servizio di una squadra di teste di cuoio sanitarie. Erano quasi tutti amici. Un anno fa si era trasferito in Idaho, con Alex.
“Quando il tuo lavoro è dentro la guerra, è difficile tornare nel mondo della pace – racconta un amico, Samuel Forey, corrispondente di Libération da Gerusalemme -. Quando era andato a vivere con Alex, lui, che non aveva mai fatto studi, si era iscritto all’università e aveva ottenuto un diploma avanzato di infermiere soccorritore”.
Come al solito, quando si era trattato di tornare al fronte, Pete aveva scelto di andare dove non c’era nessun altro a cercare di salvare vite: in Ucraina (in questi giorni era sul fronte orientale), a Bakmuth, dove gli scontri e i bombardamenti sono incessanti e i russi hanno concentrato la loro offensiva. Pare che giovedì stesse intervenendo sul luogo dove qualche istante prima era già caduto un missile russo. Quasi mai ne cade un altro nello stesso punto subito dopo.
Il corpo di Reed è stato ritrovato venerdì. Amava raccontare che la decisione di lavorare sui fronti più duri, per cercare di estrarre vite dall’inferno, l’aveva presa nel 2012, a 23 anni, quando Sandy, il più devastante uragano atlantico mai registrato, si era abbattuto sul New Jersey, dove era nato e dove abitava. Aveva appena cominciato a lavorare come maestro di sci, partì invece per l’Iraq. Da allora, con le sue squadre, ha salvato o prestato i primi soccorsi ad almeno 10mila persone.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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