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Tumori, bloccando una proteina è possibile “affamarli”

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Tumori, bloccando una proteina è possibile “affamarli”
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Scoperta la funzione nutritiva della cosiddetta Mical2, alleata delle forme di cancro più comuni.

I tumori hanno un’alleata silenziosa in una proteina, denominata Mical2, che li aiuta a nutrirsi e che potrebbe essere inibita, bloccando la crescita dei vasi sanguigni che alimentano i tumori stessi. La scoperta, pubblicata sulla rivista Biochimica et Biophysica Acta – Molecular Basis of Disease, riguarda le forme di cancro più comuni nell’uomo, quelle solide, e si deve al gruppo dell‘Istituto di Scienze della vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, guidato dalla biologa molecolare Debora Angeloni (foto).

“Bloccare l’azione della proteina Mical2 significa bloccare lo sviluppo dei vasi sanguigni che portano alle cellule tumorali ossigeno e nutrienti – spiega Angeloni –. C’è ancora molto lavoro da fare, ma è stata aperta una prospettiva”. Mical2, si risveglia ogni volta che le cellule malate liberano il segnale che, come una calamita, attira in modo inesorabile le cellule del tessuto che fodera i vasi sanguigni, chiamato endotelio. Questa azione deforma i vasi, allungandoli fino a catturarli per nutrire il tumore. Il segnale è il fattore di crescita delle cellule dell’endotelio (Vegf) e il suo braccio destro è proprio la proteina. “L’abbiamo individuata sia nei tumori più aggressivi sia in quelli meno aggressivi, mentre non è espressa nei vasi sanguigni normali”, rivela ancora l’esperta.

Le proteine Mical erano finora note per la funzione importante che svolgono nell’impalcatura (chiamata citoscheletro), che permette alla cellule di interagire con le sue simili, di aderire a una superficie e di muoversi. Avere scoperto la nuova funzione significa avere individuato una strada inedita per riuscire ad “affamare” i tumori. Dagli Settanta a oggi, infatti, il principale bersaglio delle terapie pensate per “tagliare i viveri” ai tumori, bloccando la crescita dei vasi sanguigni che li nutrono (angiogenesi), era il fattore Vegf. “Questa strada – osserva la ricercatrice – non si è rivelata però semplice, perché si è visto che puntare direttamente al Vegf scatena effetti indesiderati. Abbiamo quindi pensato di puntare su un bersaglio a un livello più basilare, ossia sulla proteina Mical2″.

Redazione Nurse Times

Fonte: Ansa

 

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