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Trento, “Sempre più difficile trovare oss, oltre che infermieri”. E ai corsi di formazione si iscrivono in pochi

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Unione provinciale istituzioni per l’assistenza (Upipa) e Polo delle professioni sanitarie lanciano l’allarme: “La richiesta di operatori socio-sanitari è elevata, ma si tratta di un lavoro poco attrattivo per i giovani”.

Il problema non riguarda solo gli infermieri. In Trentino è diventato difficile reclutare anche gli oss, come confermano le poche iscrizioni al corso per operatori socio-sanitari lanciato dall’Azienda sanitaria della Provincia autonioma di Trento nelle sedi di Rovereto e Ziano di Fiemme, le cui iscrizioni scadono il 29 luglio.

“Si sta riproponendo una situazione parallela a quella vista con gli infermieri – spiega Michela Chiogna, presidente di Upipa (Unione provinciale istituzioni per l’assistenza), intervistata da il Dolomiti -. Negli anni scorsi non avevamo mai avuto problemi a trovare anche operatori esterni, temporanei, magari per sopperire alle assenze nel periodo estivo. Quest’anno, però, la situazione sembra essere proprio cambiata, perché non ce ne sono. Tutto questo ci fa guardare con grossa preoccupazione alle poche iscrizioni ai corsi. La necessità di queste figure è presente, e sarebbe miope pensare di stare tranquilli con una situazione come quella che si sta verificando in questi mesi”. 

Al momento sono aperte le iscrizioni per i corsi che verranno fatti a Rovereto e Ziano di Fiemme. A inizio anno lAazienda sanitaria aveva provveduto a organizzare incontri a Trento e a Tione, e a settembre saranno invece promossi anche a Cles e in altre sedi. I momenti di formazione, insomma, non mancano. Le iscrizioni, però, sono poche e non riescono a soddisfare tutte le richieste che arrivano dal territorio. 

“Quella dell’operatore socio sanitario è una figura strategica sia nelle Rsa sia nelle cure domiciliari, nelle cooperative e anche nelle scuole – spiega la dottoressa Anna Brugnolli, responsabile del Polo delle professioni sanitarie di Trento, sempre intervistata da il Dolomiti -. Ormai non è più un’esclusiva dell’ospedale e la formazione non è più ospedalierocentrica, ma verte sui bisogni di salute e sociosanitari che possono avere le persone nei vari contesti di vita”. 

Ma quante richieste di oss arrivano dal territorio? “Possiamo dire che sono molti ad averne di bisogno – prosegue Brugnolli -. Il tasso di occupazione per un operatore è altissimo. Noi ne stiamo qualificando molti e, con il passare degli anni, abbiamo anche creato un modello di formazione più flessibile”. 

Eppre le iscrizioni a questi corsi stentano a decollare. “Su questo aspetto va fatta un’analisi più ampia, guardando a quanto le professioni della salute sono oggi attrattive per i giovani – aggiunge -. Sicuramente in alcune comunità della nostra provincia ci sono altre attrattività che attirano l’attenzione delle fasce giovanili. Ma non possiamo dimenticare che l’oss è una di quelle professioni che danno tantissimo in termini di soddisfazione personale, perché ti consente di entrare in relazione con l’altro, di avere un contatto umano. 

Perché l’impegno richiesto è tanto. “Si è un ruolo impegnativo. A partire dagli orari, perché la salute e i bisogni in questo ambito ci sono anche il sabato e la domenica. Un impegno forte, che può portare alcuni a scegliere altre strade. Ma c’è poi anche un altro elemento importante da tenere in considerazione, ossia il calo demografico. Questo fa diminuire il bacino di utenza al quale è rivolta la nostra offerta formativa. L’altra faccia della medaglia è invece l’aumento di chi ne ha bisogno”.

Redazione Nurse Times

Fonte: il Dolomiti

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