Numerosi lavoratori hanno partecipato al presidio organizzato dalla Cub davanti alla Regione. Tante le criticità nelle case di riposo piemontesi.
Un infermiere di notte anche per 180 ospiti. E per ognuno, in alcune Rsa, è previsto un minutaggio di sette minuti per l’igiene mattutina e il cambio letto. A raccontarlo sono gli operatori sanitari e i delegati sindacali delle case di riposo che martedì mattina hanno protestato davanti alla Regione, in piazza Castello, a Torino, con un presidio organizzato dalla Cub (Confederazione Unitaria di Base). Presenti anche esponenti della Conpal Rsa (Coordinamento nazionale parenti associazioni e lavoratrici/tori in Rsa), per chiedere di estendere la possibilità di visita.
Bersaglio della manifestazione, le ultime scelte della Giunta regionale, tra cui quella di “offrire un mese gratis ‘di prova’ agli anziani che accettino di andare in casa di riposo, così da spendere soldi per i contribuenti per fare pubblicità alle case di riposo di privati”, come spiega Alessandro Zanetti, della Cub.
Altro punto su cui si chiedono delucidazioni: “L’idea di trasferire direttamente dal pronto soccorso alle Rsa gli anziani, senza far passare i pazienti nei reparti ospedalieri. Così si scarica l’emergenza sulle case di riposo per alleggerire i pronto soccorso. Le strutture non sono in grado di offrire assistenza sanitaria adeguata per chi esce da un pronto soccorso. Di notte c’è un infermiere anche per 180 ospiti, e quasi da nessuna parte esistono i medici in struttura”.
Sottolinea ancora Zanetti: “Il rapporto nelle strutture è di un operatore ogni dieci ospiti, ma ci sono realtà in cui ce ne sono due per trenta. La legge regionale si basa su un concetto numerico di calcolo di minuti per l’assistenza per ogni ospite, come se fosse un atto meccanico prendersi cura di una persona anziana. È un concetto inumano”.
In piazza alcuni operatori sanitari hanno raccontato la quotidianità, della difficoltà di lavorare su turni lunghi, di lavorare interi pomeriggi e notti senza stop, ma anche di confrontarsi con criticità interne. “È una situazione ancora più complicata dopo il Covid, e non capiscono che gli anziani hanno bisogno di affetto – racconta Angela, delegata sindacale di una struttura sanitaria –. Durante il turno dobbiamo anche occuparci di accompagnare i parenti dagli ospiti, minuti preziosi che togliamo all’assistenza. Inoltre dobbiamo confrontarci con problemi come assenza di posate e di piatti, e anche criticità strutturali”.
Altra questione è la carenza di infermieri. “Le aziende – spiega Fabrizio – importano molte figure dall’estero, senza preoccuparsi che conoscano la lingua, e questo crea problemi di comunicazione per la collaborazione, ma anche per gli ospiti. Facciamo anche 13 turni consecutivi, con alcuni che durano fino a 14 ore. Dobbiamo fare miracoli. Il Covid doveva essere il punto di partenza, ma non lo è stato”.
Redazione Nurse Times
Fonte: la Repubblica
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