Secondo l’agenzia federale USA per la prevenzione delle malattie, il Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, hanno perso la vita, togliendosela, ben 49500 persone solo nel 2022, il numero più alto mai registrato secondo l’Amministrazione Americana
I suicidi negli Stati Uniti sono aumentati costantemente dai primi anni 2000 fino al 2018, quando il tasso nazionale ha raggiunto il livello più alto registrato dal 1941: in quell’anno si sono tolte la vita circa 48300 persone, ovvero 14,2 ogni 100mila americani.
Nel biennio 2019-2020 si è registrato un calo del numero di decessi, un dato che gli esperti hanno collegato ad un fenomeno osservato nelle prime fasi di guerre o disastri naturali, momenti in cui le persone tendono a unirsi e sostenersi a vicenda.
Tuttavia i suicidi sono tornati a crescere l’anno successivo (2021), segnando un +4%, tendenza confermata anche nel 2022 segnando un +3% rispetto all’anno precedente, ed un +7% rispetto ai dati del biennio pandemico: secondo il CDC questi dati suggeriscono che questo fenomeno sta diventando più comune negli USA che in qualsiasi altro momento storico dalla Seconda Guerra Mondiale.
Gli esperti Statunitensi tuttavia puntano il dito verso due cause chiare ed identificabili, che emergono facilmente in diversi studi: la scarsità di accesso a psicologi e psichiatri e la facile accessibilità alle armi da fuoco, tanto che in centri come l’American Foundation for Suicide Prevention, campagne di prevenzione dei suicidi e campagne di lotta contro le armi da fuoco sono spesso sovrapposte.
Secondo l’analisi dei dati raccolti dal CDC (CDC VITAL STATISTIC), le armi da fuoco sono il metodo più comune utilizzato nei suicidi, presenti in più di 26mila casi (55%), seguite dal soffocamento con 12mila casi (26%), avvelenamento-overdose con 5500 casi (11%), di cui circa il 40% tramite uso/abuso di oppioidi (come riportato nello studio “Opioid Prescribing and Suicide Risk in the United States” e altre cause (3800 casi – 8%).
Sempre analizzando i dati presenti nel Database del CDC, negli ultimi 5 anni il suicidio è stata la SECONDA causa di morte per le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni sempre negli Stati Uniti, dietro solo agli incidenti.
Tra il 2010 e il 2020 i suicidi sono aumentati del 45,5%, le consultazioni di psichiatria pediatrica del 48%: un adolescente su tre ha preso seriamente in considerazione l’idea di togliersi la vita, rispetto ad uno su cinque del 2011.
Secondo Jonathan Haidt, psicologo sociale e professore alla Stern School of Business della New York University, la causa principale di questo fenomeno è legata ai social.
Eppure, per quanto possa sembrare conveniente o allettante dare la colpa dei suicidi ad un autore principale (i social media, la pandemia di COVID-19, il bullismo, l’abuso di sostanze, le armi da fuoco ecc..) la realtà è molto più complicata: coinvolge il sesso dell’individuo (il gender gap dei suicidi: l’80% riguarda individui di sesso maschile), la posizione, la razza e lo stato socioeconomico, tra gli altri fattori di composizione.
Alcuni gruppi sono più a rischio dei loro coetanei: un sondaggio del Trevor Project del 2022 ha rilevato che il 45% di tutti i giovani appartenenti alla comunità LGBTQIA+ ha preso seriamente in considerazione il suicidio nell’ultimo anno. Anche i suicidi tra i giovani neri sono aumentati, in parte a causa dell’aumento della discriminazione razziale e del trauma che si irradia da episodi di brutalità della polizia pubblica contro Trayvon Martin, George Floyd, Breonna Taylor, Michael Brown e molti altri.
La salute mentale sta diventando la principale sfida per la salute pubblica e la società del nostro tempo, dove sicuramente c’è da potenziare l’accesso a strutture e percorsi di supporto mirati, permettendo a tutti coloro che abbiano bisogno di accedervi.
Un altro passo importante da compiere è sensibilizzare la popolazione su queste tematiche, cercare di eliminare quella credenza pericolosa e medioevale secondo cui accedere a percorsi di salute mentale sarebbe “da deboli” e si verrebbe etichettati come “pazzi”.
Mauro Marcone
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