Oramai è già tardi. Il netto calo delle domande per l’accesso ai corsi di laurea in Infermieristica non è che la punta di un iceberg. Già in questo momento ci troviamo in una situazione di carenza di infermieri paurosa, già sufficente di per se a bloccare l’intero sistema salute. Ci troviamo a dover mettere in campo quanto previsto dal DM 77/22 e per fare questo non bastano le strutture e la tecnologia. Servono infermieri e noi non ne abbiamo. Peggio, sembra che non li vogliamo. Li denigriamo, li prendiamo per missionari, due soldi e pedalare, li sviliamo nella loro professione e li sfruttiamo selvaggiamente.
Per non parlare poi delle aggressioni verbali e fisiche, delle soluzioni più fantasiose per mettere una matricola vicino a un posto libero. Tutto ciò non fa altro che sminuire le altissime competenze dei nostri colleghi. Gli infermieri prossimi alla pensione – e sono migliaia, visti i dieci anni e passa di blocco delle assunzioni – fanno di tutto per fuggire dal sistema salute. Gli infermieri più giovani sono emigrati dove hanno maggiore considerazione e sono di gran lunga meglio pagati. Anche tra chi un posto di lavoro lo ha sempre più colleghi si apprestano alle dimissioni anticipate per cercare fortuna altrove.
Questi sono i presupposti allarmante della tempesta perfetta che sta per abbattersi sul nostro sistema salute, i cui effetti rischiano di spazzare via l’intera assistenza infermieristica del nostro Ssn.
Sarebbe però bene ricordare a cittadini, politici, Regioni e aziende sanitarie che SENZA INFERMIERI NON C’E’ SALUTE. E noi stiamo rimanendo proprio senza infermieri. Tutto questo ha dei responsabili precisi e ben individuati dalla comunità infermieristica. Nessuno di loro, nel difendere con le unghie e con i denti il proprio orticello, ha mai fatto nulla, perseguendo il primato a ogni costo e producendo i danni enormi che vediamo. Nessuno di loro si è mai interessato alla questione infermieristica.
Eppure molti sono stati i gridi di allarme, come molte sono state le soluzioni proposte da più attori. Ordini professionali in primis, ma pure società scientifiche e singoli infermieri, la cui voce fatica a sentirsi, e altri colleghi che, come me, utilizzano lo scrivere per denunciare pubblicamente una nefasta realtà.
Ora il disastro è fatto, e in questa pericolosa situazione il sistema salute Italia può fare solamente due cose: o ci si chiude a riccio, aspettando la bufera e sperando (cosa davvero poco probabile) che nel suo furioso passaggio lasci ancora qualcosa in piedi (in questo modo, sia chiaro, si rinuncia a difendersi ed a difendere il Ssn, tanto gli infermieri, pochi che siano, non lasceranno soli i cittadini, come insegna la pandemia), oppure si hanno il coraggio e l’onestà di ammettere i propri errori e correre ai ripari, innanzitutto trovando una soluzione all’annosa questione infermieristica, tentando in questo modo di arginare l’impatto della tempesta e seminare per il futuro.
I nostri decisori, la politica, le lobby che la indirizzano, i gestori degli orticelli privati e le aziende sanitarie avranno il coraggio almeno di sceglere? Cosa serve lo sanno tutti e lo sappiamo anche noi. Credo sia del tutto inutile stilare il solito elenco di punti che nessuno prenderà mai in considerazione. Perchè risolvere la questione infermieristica è un investimento piuttosto caro sia in termini economici che culturali e di visione politica.
Bisogna in primo luogo cambiare approccio al problema salute. Passare da un approccio di curare la malattia (medicocentrico/ospedalecentrico) a un approccio di prendersi cura dei cittadini (basato sull’assistenza, la prevenzione, il benessere e, ove necessario, le cure adeguate). In quest’ottica diviene centrale la figura dell’infermiere direttore dell’orchestra multiprofessionale in cui ciascuno ha un ruolo ed è protagonista alla pari con gli altri.
Leggevo qualche giorno fa un interessante articolo in cui ci si chiedeva “l’infermiere di chi è?”. Be’, io la vedo così: l’inermiere è in primis di se stesso, in quanto professionista. Poi è una risorsa fondamentale per i cittadini tutti, in salute o meno. Per questo è un bene primario per le popolazioni. Infine è della sua comunità professionale, al cui interno deve essere motore di cambiamento.
Con le nubi nere all’orizzonte e la minaccia di una tempesta di portata biblica, non è più tempo di indugi, come negli ultimi 30 anni, in cui il non scegliere non ha fatto altro che acuire il problema. A che serve, ad esempio, avere un contratto in cui si valorizzano le competenze con i cosiddetti incarichi? E poi questi non hanno un euro di finanziamento e le stesse aziende non investono sulla valorizzazione del loro capitale umano e professionale?
A che serve avere un profilo professionale e una formazione universitaria, se poi siamo costretti a fare di tutto e di più, in barba alla qualità e alle competenze, togliendo di fatto il nursing agli utenti per dedicarci alla ramazza? A che serve il DM 77/22, se il disegno che prevede un approccio almeno in parte diverso alla salute non contempla l’assunzione e la valorizzazione degli infermieri, riducendo tutto solamente a una mera enunciazione di strutture e di principi che costruisce solamente scatole vuote? Vuote di infermieri, e per questo vuote di salute.
A cosa giova indignarsi e stupirsi che i giovani sempre più disertino i corsi di laurea in Infermieristica? Cosa offre loro l’intraprendere un percorso di studi lungo e faticoso, una volta lureati? Sottoccupazione, sfruttamento, nessuna considerazione del ruolo e delle competenze, stipendi tra i più bassi d’Europa, turni doppi e massacranti, riposi il più delle volte saltati, impossibilità materiale di svolgere il processo di nursing come si dovrebbe, considerazione da operai tuttofare e non da professionisti della salute. Così, tanto per dire le più evidenti.
A questo punto credo che non sia più possibile rimandare la presa di coscienza della situazione, che sta divenendo sempre più pericolosa per la sostenibilità del Ssn. Altrimenti i giovani non sceglieranno più la professione. E se anche qualcuno lo facesse, una volta laureato fuggirebbe dove questo improponibile giogo è stato superato da tempo e gli infermieri sono considerati per ciò che sono.
Ai decisori politici, organizzativi e aziendali l’ardua sentenza: o lasciamo distruggere il sistema salute dalla tempesta, oppure cerchiamo di alzare argini robusti per superarla. Iniziando già da ora a vedere oltre il naso e pensando a un futuro possibile. Sappiate, però, che nessun argine potrà essere alzato senza affrontare e risolvere, almeno in gran parte, la questione infermieristica.
Angelo De Angelis
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