È il momento di dire basta alle divisioni e di creare un fronte comune per risolvere i problemi che affliggono la professione.
Con l’avanzare della discussione sul prossimo Ccnl per il comparto sanità sale alto il grido di dolore degli infermieri italiani. Quanto viene proposto, come ho già avuto modo di dire, dal punto di vista economico è paragonabile a un’elemosina, sopratutto in considerazione di un blocco della contrattazione che dura ormai da più di dieci anni, almeno per noi.
La parte normativa, poi, se possibile, è anche peggio. Infatti, in quel pentolone avvelenato stanno bollendo cose molto peggiorative del nostro disastroso status odierno, cose del tutto inaccettabili perché vedranno calpestare addirittura il diritto al riposo e le normative appena recepite dall’Europa in fatto di orario di lavoro.
Un ulteriore elemento che ruota intorno a questo rinnovo sono le elezioni politiche di marzo e poi le elezioni per il rinnovo delle R.S.U. Partiti politici e sindacati confederali tirano per la giacchetta gli infermieri, sperando di accaparrarsi il loro voto nelle elezioni che li riguarderanno, ma tentano di farlo proponendoci un contratto capestro che prende tutto in cambio di niente. Naturale la rabbia dei professionisti. Naturale la loro voglia di dire forte: NO! ADESSO BASTA!
Nascono così movimenti e populismi che tentano disperatamente di farsi avanti, cavalcando la delusione e la rabbia di molti, troppi infermieri. Se da una parte a questi va il merito di aver coagulato il sentimento comune e messo insieme numeri importanti, dall’altra è proprio in tale merito che va ricercato il loro limite. Cioè quello di aver nei fatti generato una lotta intestina, una corsa a chi è più bravo nel produrre slogan, a chi ha i numeri più grandi, tralasciando di permeare di contenuti concreti gli slogan e i numeri e creando ulteriori divisioni tra i professionisti.
Il sindacato di categoria, cosciente che con le elezioni delle R.S.U. si giocherà una fetta importante della sua rappresentatività, si è inserito in questa diatriba, tentando di portare acqua al proprio mulino. Io stesso ho assistito e assisto a interminabili e spesso spocchiose diatribe sui social network, a inviti spasmodici a iscriversi e a votare questo o quello alle prossime R.S.U. Per giorni e giorni è andata avanti così, per poi alla fine ritrovarsi, finalmente direi, a dichiarare uno sciopero in comune.
Diamo plauso e festeggiamo finalmente questa scelta unitaria. Ben venga che finalmente si ragioni nell’ottica di unire, ma questa unità di intenti durerà dopo? Sarà un inizio o la fine di un sindacato unitario di categoria, o semplicemente la contingenza a unire queste anime? Ci auguriamo che questa unità sia coltivata e incrementata per il futuro perché, al di la dello sciopero e di questo scellerato contratto, abbiamo bisogno di unità per il futuro, per affrontare le tante problematiche della nostra professione.
Questo è un quadro in chiaroscuro: da un lato sale straripante la rabbia di tutti gli infermieri e dall’altro chi vorrebbe (movimenti) o dovrebbe rappresentarla ed organizzarla (sindacati). Vuoi per un motivo, vuoi per l’altro, invece di creare unità di intenti, ciascuno pensa solo al proprio personale orticello. E lo fa per poca visione prospettica, per vedere l’oggi e non il domani. Mi rifiuto di credere che ci siano forze che vogliono deliberatamente dividere, ma questo è innegabile. Tutte le forze tentano disperatamente di posizionarsi in questo bailamme il più favorevolmente possibile, vedendo con diffidenza le altre.
Credo sia necessario uno stop, un reset, un momento di riflessione collettiva, una presa di coscienza da parte di tutti. Questo è un momento in cui non servono ulteriori divisioni, ma serve superare quelle già esistenti. È un momento in cui bisogna prendere coscienza che questo contratto non potrà vedere miglioramenti economici oltre l’elemosina proposta. Ma qualcosa si può e si deve fare, invece, nella parte normativa. E si può fare soltanto tutti insieme.
Infine credo che molto si potrà fare per il prossimo contratto, perché sarà firmato praticamente già scaduto e subito si dovrà aprire la discussione per il 2019. Credo che tutto questo fermento all’interno della professione non vada disperso, dimenticato, ma vada invece convogliato in qualcosa di costruttivo, capace di mettere da parte diversità e orticelli personali.
E credo che il compito di fare ciò spetti al nuovo consiglio direttivo del nostro ordine, che con la forza della sua autorevolezza dovrà spendersi per mettere intorno a un tavolo tutti gli attori, iniziando da se stesso, con l’obiettivo di costruire tutti insieme una piattaforma condivisa da cui partire, una piattaforma ricca di contenuti e povera di slogan, che parta da alcuni punti fermi:
- Contrasto deciso e fattivo a ogni tipo di demansionamento e/o deprofessionalizzazione.
- Collocare gli infermieri in una posizione contrattuale più favorevole fuori dal comparto, insieme alla dirigenza medica.
- Assunzioni ormai assolutamente non più rimandabili.
- Contrasto deciso e fattivo allo sfruttamento del lavoro in affitto dei colleghi con P.I. (l’equo compenso è solo un primo passo).
- Sviluppo delle competenze avanzate e specialistiche, ma in modo inclusivo e non solo a esclusiva di pochi eletti.
- Un riconoscimento economico importante per la nostra professionalità e per la nostra unicità.
- Un ruolo primario per l’infermieristica nella gestione dei territori e delle cronicità.
- Fine del rapporto di esclusiva con la P.A., come è per i medici.
Da questo si deve partire tutti insieme, ognuno per quanto gli compete, per un’azione sinergica e coordinata, in un ritrovato spirito di unità e condivisione di un progetto. Un progetto ambizioso ma realizzabile, se tutti saremo in grado di collaborare e se la direzione dell’orchestra sarà affidata all’autorevole responsabilità del nostro nuovo ordine.
Per quello che riguarda invece lo sciopero indetto dai sindacati di categoria per il 23 febbraio e la manifestazione a Roma, credo si debba dare un segnale importante di coesione. Un primo, fondamentale segnale che sugli infermieri non si può giocare, che è ormai giunto il momento per tutti, politici e sindacato compresi, di fare i conti con la questione infermieristica.
Ci aspetta una nuova alba della professione, ma, come fu nel 1994, tutto dipende da noi. Solo tutti insieme ce la possiamo fare. Auspico, quindi, che l’appuntamento del 23 febbraio sia un primo, importante momento di unità e di partecipazione. Solo se sapremo dimostrare la nostra forza e la nostra compattezza, potremo ambire a un futuro contratto 2019 che preveda quanto detto sopra, e sapremo affrontare e risolvere i tanti problemi degli infermieri italiani.
TUTTI INSIEME SI PUÒ. TUTTI INSIEME SI DEVE. E QUESTO DEVE ESSERE UN IMPEGNO DI TUTTI, MA PROPRIO DI TUTTI.
Angelo De Angelis
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