Lo assicura Gianluca Gridelli, responsabile di Nursing Up Romagna, dopo l’allarme lanciato da Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato.
“La fuga di infermieri verso il Sud? L’allarme non riguarda la Romagna, che non blinda i professionisti con un contratto quinquennale”. Da qui il paradosso romagnolo dei contratti senza vincoli che portano i sanitari a non licenziarsi. A spiegare la situazione è Gianluca Gridelli (foto), responsabile di Nursing Up Romagna, dopo l’allarme lanciato da Antonio De Palma, presidente nazionale dello stesso sindacato.
“Dagli ospedali del Nord, la maggior parte degli infermieri scelgono di tornare al Sud, perché il costo della vita è insostenibile a fronte di uno stipendio base di 1.400 euro netti”. Sotto la lente è finita l’Ausl di Bologna dove, solo negli ultimi giorni sono arrivate come un fulmine a ciel sereno “18 dimissioni volontarie, tutte insieme, oltretutto senza preavviso, da parte di infermieri”. E dove “si registrano ben 40 dimissioni negli ultimi tre mesi”.
Un dato che non può essere calato anche nella realtà romagnola, rassicura Gridelli, per contrasto ai dati dello scorso anno diramati dall’Azienda sanitaria bolognese, da cui sono usciti 270 infermieri, mentre nel 2021 erano stati 180. Solo in piccola parte si tratta di pensionamenti programmati, mentre per oltre il 50% ci si trova di fronte a dimissioni volontarie.
“Considerando la tipologia di contratto stipulata da tutte le altre aziende della regione, la Romagna è l’unica che al momento non contempla il vincolo dei cinque anni in loco del personale” E aggiunge: “Vista la mancanza di concorsi al Sud, molti infermieri si spostano verso il Nord, ma appena possibile tornano a casa”. Ecco perché gli amministratori “hanno inserito nei contratti a tempo indeterminato un vincolo di cinque anni di permanenza presso l’azienda”.
Una scelta che ha creato “grossi problemi” ai colleghi, perché “cinque anni sono lunghi, e nel mezzo possono sorgere problemi familiari che necessitano di un ritorno al Sud”. Il vincolo quinquennale andrebbe peraltro in contrasto con la prevista mobilità interna aziendale e interregionale annuale. Tradotto: le aziende sono obbligate, contrattualmente parlando, a prevedere delle mobilità per far tornare i professionisti presso la residenza, o quantomeno nelle vicinanze.
Ma il limite dei cinque anni impedisce ai lavoratori di spostarsi. Da qui l’intensificarsi dei licenziamenti volontari. Alla luce di un periodo storico complesso, molti infermieri tornano però al Sud, licenziandosi, anche per scongiurare costi importanti come affitto e trasporti. A convincerli sono, secondo Gridelli,, anche i ricongiungimenti con i compagni o l’assistenza a genitori anziani.
“Ricapitolando, Ausl Romagna non ha messo il paletto dei cinque anni – conclude Girelli -. Quindi non si trova alle strette, salvo forse per il frequente turnover delle ostetriche, che tuttavia non costituisce una novità, visto che questa figura non può esser collocata in decine di luoghi, come avviene per altri operatori. In ogni caso, entro cinque anni dalla data delle dimissione volontarie, un professionista può richiedere di tornare presso la stessa azienda, che poi vaglierà la domanda prendendo la sua decisione”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere Romagna
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