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Occorre curare l’analfabetismo emotivo delle persone ed insegnare l’empatia

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Occorre curare
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Quanto accaduto in un Pronto Soccorso italiano potrebbe diventare uno spunto di riflessione per molte persone.

A raccontare la vicenda è Maria Prisco, attraverso un post apparso sul proprio profilo.

“Oggi, in pronto soccorso, ho incontrato questa donna, Ahilimi, con il suo bambino, Bilal. Lei non parlava l’italiano, ma lo comprendeva.

Ha atteso circa 3 ore prima di essere visitata, ha assistito ad un personale che l’ha accolta dicendo : “aeeee chest nun capisc, fall aspettà la e po s ver” ; a persone che giudicavano le gambe sporche del bambino, sofferente per una caduta; a uomini che parlavano di lei in sua presenza, come se non esistesse, offendendola prima come donna e poi come madre.

Bilal, ad un certo punto ha cominciato a piangere, ha detto una parola tipo: “mella”. Non ho visto mio padre per alcuni minuti, finché non si è avvicinato a Bilal e ha detto : “volevi la caramella? Non piangere. Te le ho prese di vari gusti, non so come ti piacciono”.

Bilal non so cosa abbia capito, ma ha preso le caramelle, ha dato un bacio sul braccio a mio padre; ne ha mangiate 3 tutte insieme e si è addormentato, tra le braccia di una madre con lo sguardo umiliato e rassegnato ad un mondo che sta diventando disumano.

Ci affanniamo a voler risolvere il problema dell’analfabetismo selettivo, ma secondo me molto più grave, é l’analfabetismo emotivo che sembra aver colto come un’epidemia tante persone. E quello lo si combatte leggendo poesie, romanzi, educando alla bellezza e all’empatia.

Si combatte amando i bambini sin da piccoli e insegnandogli ad Amare. Posso accettare le idee politiche altrui, ma non accetterò mai, in nessun luogo, che di fronte alla sofferenza dell’Altro ci sia il livello di indifferenza, di odio, di paura ingiustificata che ho trovato oggi in quel pronto soccorso.

Ah si, comunque Bilal, prima che andassimo via, ha portato una caramella a mio padre e ha detto: “anche tu”.
Bisognerebbe educare il mondo all’amore, a quell’anche tu.”

Simone Gussoni

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