Di seguito il testo della lettera a firma di Laura Rita Santoro, responsabile regionale del sindacato.
La mobilità volontaria, come da direttiva della Regione Lazio, non comporta la “costituzione di un nuovo rapporto di lavoro” ma solo il “trasferimento della titolarità di un rapporto di lavoro già esistente, da un amministrazione a un’altra”. Le direttive della Regione Lazio, e quanto applicato dalle aziende ospedaliere ci lasciano perplessi. Abbiamo l’impressione che vi sia un incongruenza tra le direttive della Regione e l’applicazione delle strutture selezionanti.
La mobilità si configura come una cessione di un rapporto di lavoro di natura privatistica al quale il dipendente ceduto ha avuto già accesso previo esperimento e superamento di un pubblico concorso che ne ha attestato l’idoneità alle mansioni/funzioni da svolgere e a questi ha conferito una specifica “qualifica” ed “area professionale”.
La valutazione, da parte dell’amministrazione che avvia la procedura di mobilità, del soggetto che abbia i requisiti indicati nel bando, si “dovrebbe” configurare come una valutazione comparativa, vale a dire fondata sul confronto, di carattere oggettivo e meccanico, cioè una procedura di verifica della corrispondenza tra la professionalità richiesta dall’amministrazione di destinazione e quella già comprovata dal dipendente nell’amministrazione di provenienza, in rapporto ad altre figure analoghe.
Ancora, sempre nelle direttive emesse dalla Regione Lazio, la fissazione dei “criteri di scelta” per le procedure di mobilità deve essere intesa come la previa indicazione di criteri oggettivi che consenta al massimo una “valutazione comparativa per soli titoli” (titoli di servizio, titoli di studio, anzianità di servizio, esperienza professionale maturata, età anagrafica, carichi di famiglia, ecc.), e/o con eventuale colloquio potendo individuare per la singola fattispecie, distinte “aeree professionali” per le quali la mobilitò può essere esperita. Diversamente da quanto mi scrivono e/o dicono i colleghi, che stanno affrontando quello che avrebbe dovuto essere “un avviso di mobilità” che si sarebbe trasformato in un vero e proprio “concorso per la mobilità con possibili e annunciate bocciature”.
L’azienda in indirizzo, mi dicono gli esaminati, che stia procedendo all’espletamento di un concorso, nonostante sia esplicitamente scritto, nella più volte citata direttiva, prot. 764382/2018 avente ad oggetto: “ulteriori chiarimenti in tema di mobilità volontaria”, dov’è scritto che: “in nessun caso le procedure di mobilità possano dar luogo ad un nuovo concorso pubblico”, dal momento che trattasi di una procedura relativa alla copertura di un posto equivalente a quello per il quale i dipendenti che chiedono la mobilità hanno già superato la relativa procedura concorsuale e per la quale essi sono già stati giudicati idonei allo svolgimento delle relative mansioni e/o funzioni, conseguendo il corrispondente status giuridico (qualifica o categoria).
Quindi per le direttive della Regione, dal momento che non sarebbe un concorso vero e proprio, i colleghi non possono anelare all’utilizzo della graduatoria fino ad esaurimento, ma fino alla copertura dei posti messi a bando. Siamo profondamente perplessi, poiché ci si aspetterebbe delle direttive coerenti e costanti per tutti, dalla Regione e applicate parimenti dalle aziende, piuttosto che interpretate. Si chiedono chiarimenti urgenti in merito.
Dr.ssa Laura Rita Santoro
Responsabile regionale Nursing Up
Lascia un commento