Si tratta del primo intervento di questo tipo in Lombardia.
Un paziente con una grave patologia epatica in attesa di trapianto e la disponibilità di un fegato compatibile: un abbinamento complesso e un intervento salvavita che all’opedale Niguarda di Milano si è potuto realizzare per ben 118 volte nel 2020, nonostante l’emergenza pandemica.
Lo scorso 5 febbraio si è aggiunto un importante tassello a questo già delicato processo: un paziente di 47 anni con cirrosi scompensata, guarito da coronavirus a novembre senza complicanze, ha ricevuto un trapianto di fegato da donatore con in atto infezione da SARS-CoV-2.
Si tratta del primo trapianto di questo tipo effettuato in Lombardia e per ora anche a livello nazionale la casistica conta pochi casi. Il protocollo specifico per questa tipologia di trapianti, infatti, è stato adottato dal Centro Nazionale Trapianti il 1 dicembre, ma è possibile attuarlo solo con un attento monitoraggio dei pazienti in lista di attesa.
Ricoverato a Niguarda in urgenza per l’aggravamento della problematica epatica, il paziente è stato sottoposto prima di tutto al tampone rinofaringeo per escludere la presenza del virus, e quindi a un esame sierologico completo che ha permesso di verificare la presenza di un numero adeguato di anticorpi protettivi.
Grazie a questo approfondimento diagnostico, quando il NITp (Nord Italia Transplant program) ha segnalato la presenza di un donatore compatibile con infezione da SARS-CoV-2, è stato possibile procedere con il trapianto con il consenso del paziente, adeguatamente informato sulle specificità dell’intervento.
“Il trapianto ha avuto un ottimo esito funzionale e il decorso post-operatorio è stato gestito in ambiente isolato presso la Rianimazione Covid – spiega Luciano De Carlis, direttore della Chirurgia generale e dei trapianti –. Il ricovero è poi proseguito nel reparto di degenza della Chirurgia dei trapianti, senza mai alcun segno di infezione o complicanze da SARS-CoV-2. Il protocollo messo a punto in questi casi dagli specialisti di Niguarda, che prevede il monitoraggio già dalla fase pre-intervento degli anticorpi neutralizzanti, consente di trapiantare in sicurezza, con donatori Covid-19 positivi, pazienti immunosoppressi che abbiano già superato la malattia o, per il prossimo futuro, anche che si siano vaccinati”.
Unicamente la sinergia di tutti i professionisti coinvolti (chirurghi dei trapianti, anestesisti, infettivologi, epatologi e microbiologi) e il contributo di tutto il personale sanitario possono permettere di portare a termine un trapianto di fegato con queste modalità in contesto epidemico e con costante approccio multidisciplinare.
Redazione Nurse Times
Lascia un commento