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Matilde vince in Cassazione: potrà curarsi in Florida a spese del Ssn

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Matilde vince in Cassazione: potrà curarsi in Florida a spese del Ssn
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Battaglia legale a lieto fine per i genitori della 13enne tetraplegica. In Italia non esistono terapie adatte a lei.

Matilde potrà tornare in Florida per continuare le cure che le hanno fatto recuperare un pezzetto di vita. Ora gira la testa quando mamma e papa la chiamano dolcemente, li stringe a sé e si guarda intorno con maggiore presenza. Poco, pochissimo per i genitori di bambini normali. Una gioia immensa per Michele e Monica Biancamano, che dal 2006 lottano per ottenere il diritto di portare all’estero la loro riccioluta ragazzina, a spese del Servizio sanitario italiano.

Il sì definitivo al viaggio della speranza è arrivato il 29 aprile con un’ordinanza della Corte di Cassazione – Sezione Lavoro. Una pietra miliare per tutti gli altri malati bisognosi di ricevere terapie al di fuori dell’Italia, a certe condizioni. Si può partire, stabilisce la legge del 1985, quando e solo se non esistono da noi alternative efficaci e se c’è da aspettare tempi non compatibili con l’urgenza del caso. E in questo caso alternative non ce n’erano. La medicina iperbarica in Usa è personalizzata, viene graduata in base alla patologia e garantisce una qualità superiore, anche se bisogna distinguere caso per caso e i miracoli non esistono.

Oggi Matilde ha 13 anni e una storia tartassata da errori sanitari e ritardi della giustizia. È nata tetraplegica all’ospedale di Poggibonsi, dopo un travaglio interminabile di 14 ore e una grave sofferenza per asfissia. Doveva essere un parto dolce, in acqua. Invece il sogno si è trasformato in tragedia. La causa civile si è conclusa con un risarcimento record di 3 milioni di euro, definito con una transazione, accertate le responsabilità dei sanitari. Da allora un susseguirsi di udienze, attese, delusioni e rinvii per affermare il diritto alle cure.

Sembrava non ci sarebbe mai stato un punto d’arrivo. Grazie alla decisione finale della Corte, invece, Matilde potrà tornare negli Stati Uniti una terza volta, e tutte le volte che sarà necessario, per fare ossigenoterapia iperbarica mista a riabilitazione fisica intensiva in una rete di centri americani. II primo trattamento nel 2010, su autorizzazione e col rimborso della Usl 7 Siena, che dopo è tornata sui propri passi, probabilmente perché nel frattempo la situazione economica dell’azienda era peggiorata.

No, alla bambina il rimborso doveva essere negato, andavano benissimo le cure nei centri italiani. Eppure, nella delibera iniziale, la superiorità dell’assistenza specialistica all’estero era stata riconosciuta. Non solo, al ritorno dagli Stati Uniti i medici dell’ospedale Meyer di Firenze avevano visitato la piccola, dichiarando che aveva fatto progressi. Michele e Monica non si sono arresi e hanno sostenuto le spese del secondo viaggio: 70-100mila euro, esclusi volo e soggiorno. Dovranno essere rimborsati.

La famiglia è stata seguita dall’avvocato Mario Cicchetti, che dichiara: «Per la prima volta la Cassazione è stata chiamata a esprimersi sul tema dei viaggi della speranza, le trasferte in località estere a cui sono obbligati gli italiani che non possono ottenere assistenza con tempestività o in forma adeguata alle condizioni di salute. È la vittoria di tutti i malati. Purtroppo, ancora una volta la giustizia non ha risposto in tempi umani. Ecco perché spesso i cittadini desistono, e non solo quando c’è di mezzo la salute».

Tra la sentenza del 2013, con la quale la Corte d’Appello di Firenze rigettò la domanda di restituzione del primo rimborso spese presentata dalla Usl 7 assieme alla Regione Toscana («iniziativa deplorevole», dice Cicchetti) e l’ordinanza di aprile sono trascorsi sei anni. I genitori di Matilde vivono a Colle Val d’Elsa. Lui è un ex imprenditore edile, lei impiegata in un’industria di piastrelle. Alla nascita della bambina hanno lasciato entrambi il lavoro: non c’era tempo per altri impegni. E fortuna che potevano contare sull’aiuto di quattro preziosissimi nonni. Senza di loro, non ce l’avrebbero fatta.

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere della Sera

 

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