Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota del Presidente IPASVI del Collegio di Forlì sulla valutazione (a suo parere negativa), della programmazione sanitaria di aggregazione delle aree sanitarie delle ASL Emiliano romagnole.
LETTERA INVIATA DAL PRESIDENTE A DIFESA DEL CITTADINO E UTENTE.
Al Direttore Generale Azienda USL della Romagna
Al Sindaco del Comune di Forlì
Al Sindaco del Comune di Cesena
All’Assessore Politiche per la Salute Regione Emilia-Romagna
Al Direttore Generale Sanità e Politiche sociali Regione Emilia-Romagna
Ai Presidenti Conferenze SST di Forlì, Cesena, Ravenna, Rimini
Alle Organizzazioni Sindacali e Sociali di Forlì-Cesena
E p.c. Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministro della Salute
Cittadini forlivesi e cesenati riprendetevi la vostra sanità, prima che sia troppo tardi. Nel vuoto politico che sembra ormai avvolgere lo sviluppo dell’Ausl Romagna, ci sembra opportuno, come Collegio Ipasvi, promuovere una presa d’atto rispetto a quanto sta accadendo, a livello provinciale, al mondo della salute. Un compito che sentiamo più che mai nostro, in quanto la principale mission del Collegio è proprio la difesa dei diritti di iscritti e cittadini, che restano tali, e non “clienti”, come vorrebbe la Regione.
Ebbene, è ora che qualcuno dica come stanno effettivamente le cose: la creazione dell’Azienda Unica si sta risolvendo in un depauperamento di servizi, competenze e professionalità di alcuni territori, in primis Forlì e Cesena, in favore di altri, ovvero Ravenna. Al “Morgagni-Pierantoni” di Forlì la situazione è tragica, i primari andati in pensione non sono stati sostituiti, e le liste di attesa stanno aumentando. Anche sul territorio, l’incertezza regna sovrana: della Casa della Salute di Forlimpopoli, che doveva essere la panacea di tutti mali, non si sa più nulla, e una nube nera incombe sul futuro dell’ospedale “Nefetti” di Santa Sofia. Tutto ciò ha pesanti ripercussioni sul personale sanitario, ogni giorno più demotivato, demansionato, e deprofessionalizzato e, di conseguenza, sulla qualità dell’assistenza erogata al cittadino.
Fra gli operatori sanitari, a livello locale, infatti, c’è grande sconcerto e disorientamento: non ci sono più riferimenti, il Direttore generale Des Dorides è inavvicinabile, i rapporti sono estremamente gerarchizzati e quando sorgono questioni che necessitano di decisioni immediate da parte della Direzione, non si sa a chi rivolgersi. Noi stessi, come Collegio IPASVI, abbiamo chiesto da tempo d’incontrarlo, ma non ci ha ancora dato udienza, così come l’assessore Lusenti che non vuole saperne di parlare con noi.
Non si vedono poi all’orizzonte nemmeno quei risparmi e quelle economie di scala che erano state spacciate come principali benefici dell’Azienda unica, anzi, le ultime notizie parlano di un buco di 21 milioni di euro. E hanno un bel dire l’assessore Lusenti e Des Dorides che non c’è da preoccuparsi perché l’ammanco sarà coperto dai futuri trasferimenti dello Stato; forse non sanno che il governo sta cercando di tagliare ovunque la spesa, e la sanità non è certo esentata dalla spending review.
In compenso, però, si sono moltiplicati i dirigenti, inventando, coi coordinamenti, figure che nelle precedenti Aziende nemmeno esistevano, solo allo scopo di garantire a tutti, in particolare a chi ricopriva posizioni apicali nell’ex Ausl di Ravenna, una sedia. Per restare in tema di sprechi, che fine faranno i nuovi uffici direzionali a Forlì, occupati per pochi mesi, ora che tutti i dirigenti, per volere di Des Dorides, devono stare a Ravenna? Rimarranno vuoti e desolati, nonostante gli investimenti effettuati per realizzare i lavori.
D’altronde, tutte le precedenti esperienze di aggregazione di Aziende, dalla Gran Bretagna alle Marche, si sono dimostrate fallimentari, e non si capisce, dunque, perché la Regione abbia spinto tanto per creare l’Ausl unica di Romagna, se non con giochi e manovre politiche che nulla hanno a che vedere con la salute dei cittadini. Per ottenere risparmi, infatti, bastava unificare i centri di costo di beni e attrezzature, non c’era alcun bisogno di creare un simile carrozzone, tanto più se si pensa che Imola, con solo 138mila abitanti, ha ancora la propria Azienda.
La soluzione migliore, per garantire di nuovo servizi all’altezza degli standard conosciuti dal nostro territorio, sarebbe riconoscere finalmente che l’Azienda unica è un’esperienza fallimentare e tornare all’assetto precedente; d’altra parte, fu proprio la Regione, all’atto di nascita delle Aziende sanitarie, a inizio anni ’90, a raccomandare che le Ausl entrassero in concorrenza fra loro per accrescere la qualità complessiva dell’assistenza. Se proprio ciò non fosse possibile, che si ragioni almeno su un’integrazione aziendale su scala più limitata, come quella fra le Aziende di Forlì e Cesena che, per altro, è stata a lungo all’ordine del giorno.
Di tutte queste istanze dovrebbero farsi portavoce i sindaci, responsabili della sanità a livello locale, ma tutti quelli dei comuni capoluogo, la scorsa settimana, hanno approvato il bilancio dell’Ausl Romagna senza fiatare; capiamo Ravenna, ma dagli altri ci saremmo aspettati un diverso comportamento. Certo, almeno col sindaco di Forlì si può parlare, mentre con quello di Cesena è impossibile.
E’ per questo che, in assenza di interlocutori validi, in grado di fornire risposte alle nostre istanze – che sono poi la promozione del benessere e della salute del cittadino – auspichiamo un ampio confronto con tutti i soggetti interessati (forze politiche, sindacali, associazioni di categoria e di volontariato), affinché si definiscano, insieme, le strategie da attuare per far sì che la nostra sanità torni un’eccellenza qual è sempre stata.
Franco Gatta
Presidente Collegio IPASVI Forlì-Cesena
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