Il direttore generale Frank Benedetto era a conoscenza del fatto che, nell’ospedale di Reggio Calabria, si utilizzassero cartoni da imballaggio per stabilizzare gli arti dei pazienti ortopedici.
Il dirigente sapeva anche che questi bendaggi d’emergenza fossero dovuti alla carenza dei tutori standard presenti nei Pronto soccorso.
Tutti questi dettagli sono emersi da una chat di Whatsapp acquista e finita agli atti dell’indagine condotta dai Nas su mandato del ministero della Salute.
In quelle conversazioni, risalenti allo scorso 28 luglio, ovvero due giorni prima della pubblicazione dell’inchiesta del Corriere della Calabria, il capo del Grande ospedale metropolitano avrebbe commentato una delle foto (in apertura di servizio) che ha fatto il giro d’Italia.
Nell’immagine incriminata, sarebbe apparsa la gamba di un paziente avvolta in un cartone di risulta. Il dg Benedetti nella chat, avrebbe definito quella “medicazione” come una vera e propria “schifezza”. Avrebbe anche manifestato tutto il proprio disappunto al suo interlocutore.
Benedetto avrebbe inoltre dimostrato di aver ben chiari i termini della questione, al punto di “assolvere” da eventuali responsabilità il primario, Angelo Ianni.
Tutte le colpe avrebbero dovuto ricadere sul medico in quel momento di guardia nel Pronto soccorso e, in secondo luogo, contro l’ufficio responsabile della mancata consegna dei materiali medici.
Il dg avrebbe dunque motivato quelli che lui stesso ha definito come «bendaggi d’emergenza» all’interno di un’informativa inviata al presidente della Regione Oliverio
La fasciatura di cartone – spiegherebbe nella chat finita nel fascicolo d’indagine – sarebbe stata dovuta all’indisponibilità delle docce pneumatiche (i tutori ortopedici), tra l’altro formalmente richieste dal Pronto soccorso alla farmacia dell’ospedale.
Il “gesso” di cartone, avrebbe aggiunto Benedetto, sarebbe stato solo una alternativa temporanea in attesa dell’intervento vero e proprio.
Il dg avrebbe ammesso un altro dettaglio, ovvero che il reparto, in quel momento, non era in possesso di tutti gli strumenti ortopedici di cui dovrebbe essere fornito un Pronto soccorso.
Ne consegue che i medici di guardia, in assenza di strumenti idonei, sarebbero stati costretti a utilizzare materiale di cartone per stabilizzare gli arti dei pazienti.
L’ammissione di Benedetto si incastra con quanto dichiarato dalla stesso Ianni al Corriere della Sera, lo scorso 31 luglio: «È vero, al Pronto soccorso mancavano le clip che si usano per immobilizzare gli arti infortunati, io ho fatto richiesta con lettera protocollata già nel mese di marzo».
La domanda sorge dunque spontanea: quante volte e per quanto tempo, gli operatori del Pronto Soccorso sono stati costretti ad utilizzare “strumenti non convenzionali” pur di garantire ai pazienti un’assistenza medica efficace?
Solo le indagini dei Nas potranno fornire anche questa risposta.
Simone Gussoni
Fonte: Corriere di Calabria
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