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Infezioni respiratorie acute: vitamina D riduce il rischio

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Infezioni respiratorie acute: vitamina D riduce il rischio
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Questo il risultato di una metanalisi pubblicata sulla rivista The Lancet.

Un aggiornamento di una metanalisi sui trial clinici condotti per verificare l’efficacia e la sicurezza della supplementazione di vitamina D ha confermato l’efficacia di questo intervento nel ridurre il rischio di infezioni respiratorie acute (ARI) rispetto al placebo, anche se la riduzione del rischio non è risultata molto ampia. Nello specifico, la protezione è risultata associata alla somministrazione di dosi giornaliere di 400-1.000 UI fino ad un anno, in particolare in età pediatrica (da 1 a 16 anni). La metanalisi è stata pubblicata sulla rivista The Lancet.

Razionale e obiettivi della metanalisi – L’interesse potenziale per la supplementazione di vitamina D nel ridurre il rischio di infezioni respiratorie acute (ARI) è aumentato con l’emergenza della pandemia di Covid-19, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Questo interesse è nato sulla base di osservazioni di laboratorio che hanno documentato la capacità dei metaboliti di questa vitamina di cooperare con le risposte immunitarie innate contro i virus respiratori, insieme ai risultati di studi osservazionali che hanno dimostrato l’esistenza di associazioni indipendenti tra bassi livelli circolanti di 25(OH)D, il marker di status vitaminico D più accettato, e l’incremento del rischio di ARI causato da altri agenti patogeni.

“I trial clinici randomizzati fin qui condotti sulla supplementazione di vitamina D per la prevenzione di ARI – spiegano i ricercatori – hanno prodotto risultati eterogenei e contraddittori. In una metanalisi da noi precedentemente condotta sui dati relativi a 10.933 partecipanti a 25 trial clinici randomizzati sull’argomento avevamo mostrato un effetto protettivo complessivo della supplementazione che era maggiore negli individui con concentrazioni di 25(OH)D< 25 nmol/l vs. quelli con concentrazioni vitaminiche pari o superiori a 25 nmol/l, nonché nei trial nei quali la vitamina D era somministrata giornalmente o a cadenza settimanale piuttosto che in quelli nei quali era somministrata in boli. Dalla data delle ricerca finale di letteratura della metanalisi precedente (31 dicembre 2015) sono stati condotti 21 trial clinici ulteriori (per un totale di 64.220 partecipanti) che soddisfacevano gli stessi criteri di eleggibilità”.

L’obiettivo della nuova pubblicazione è stato quello di aggiornare la metanalisi precedente con gli studi più recenti, aggregando ai precedenti i dati (a livello di trial) di questi nuovi studi per stabilire se la supplementazione di vitamina D fosse in grado di ridurre il rischio di AR e di valutare gli effetti di questo intervento sul rischio di ARI in base alle concentrazioni iniziali di 25(OH)D, alla posologia (frequenza, dose e durata del trial) e all’età di reclutamento nel singolo trial clinico.

Disegno dello studio – E’ stata condotta una ricerca sistematica della letteratura sui principali database bibliografici biomedici (MEDLINE, Embase, Cochrane, Web of Science, ClinicalTrials.gov registry) alla ricerca dei trial pubblicati fino al primo maggio dello scorso anno. La ricerca aggiornata ha portato all’identificazione di 46 nuovi trial clinici (per un totale di 75.741). I dati relativi a questi trial sono stati implementati su quelli della metanalisi precedente per il ricalcolo degli outcome di efficacia.

E’ stata condotta, inoltre, un’analisi per sottogruppi per stimare se gli effetti della supplementazione di vitamina D sul rischio di AR variassero in base a:

– concentrazioni iniziali di 25(OH) (<25 nmol/L vs 25·0–49·9 nmol/L vs 50·0–74·9 nmol/L vs >75·0 nmol/L)
– dosaggio di vitamina D (equivalente giornaliero  <400 international units [IU] vs 400–1000 IU vs 1001–2000 IU vs >2000 IU)
– frequenza di somministrazione (supplementazione giornaliera vs. settimanale vs. mensile vs. trimestrale)
– durata dei trial (≤12 mesi vs >12 mesi)
– età al reclutamento (<1 anno vs 1–15,99 anni vs 16–64,99 anni vs ≥65 anni)
– presenza versus assenza di malattia delle vie aeree respiratorie (es: solo asma, solo Bpco, o assenza di restrizioni).

Risultati principali – Dalla metanalisi è emerso che una proporzione significativamente più bassa di partecipanti ai trial, supplementati con vitamina D, era andata incontro ad una o più ARI (14 332 [61,3%] su 23 364 partecipanti) rispetto al gruppo placebo (14 217 [62,3%] su 22 802 partecipanti), with un odd ratio (OR) pari a 0,92 (IC95%= 0,86–0,99; 37 studi; I2=35,6%, p eterogeneità=0,018). Non è stato osservato un effetto significativo della supplementazione vitaminica sul rischio di andare incontro a una o più ARI in un sottogruppo definito in base alle concentrazioni iniziali più basse di 25(OH)D (rispetto alla metanalisi precedente).

Invece gli effetti protettivi della supplementazione sono stati osservati in quei trial nei quali la vitamina D:

– somministrata giornalmente (OR= 0,78 [IC95%= 0,65–0,94]; 19 studi; I2=53,5%, p eterogeneità=0,003)
– ad equivalenti di dose giornaliera pari a 400-1000 UI (0,7 [0,55–0,89]; dieci studi; I2=31,2%, p etegogeneità =0,16)
– per una durata pari o inferiore a 12 mesi (0,82 [0,72–0,93]; 29 studi; I2=38,1%, p eterogeneità=0,021)
– in soggetti di età compresa da 1 a 16 anni al reclutamento nel trial (0,71 [0,57–0,90]; 15 studi; I2=46%, p eterogeneità= 0,027).

Non è stata documentata l’esistenza di una interazione significativa tra l’allocazione nel gruppo di supplementazione con vitamina D vs. placebo e la dose, la frequenza di somministrazione, la durata dello studio o l’età. Inoltre non è stata osservata una differenza significativa nella proporzione di partecipanti che aveva sperimentato almeno un evento avverso serio nel gruppo supplementato con vitamina D rispetto al gruppo placebo (0,97 [0,86–1,07]; 36 studi; I2=0·0%, p eterogeneità =0·99).

Le implicazioni dello studio – In conclusione, i risultati di questa metanalisi aggiornata di trial clinici randomizzati sull’impiego della supplementazione vitaminica D per la prevenzione di ARI ha mostrato un effetto protettivo complessivo di questo intervento statisticamente significativo rispetto al controllo. L’effetto protettivo in questione era però eterogeneo, considerando i singoli trial, e potrebbe essere stato sovrastimato in ragione dell’esistenza di bias di pubblicazione.
In contrasto con i risultati della metanalisi precedente condotta dalla stessa equipe di ricercatori, non è stato rilevato un effetto protettivo della supplementazione nei pazienti con le concentrazioni iniziali più basse di vitamina D.

La modalità di somministrazione che ha dato maggiori benefici è risultata essere quella giornaliera, con dosaggi standard compresi tra 400 e 1.000 UI, soprattutto in età pediatrica. La rilevanza di queste osservazioni relativamente all’infezione responsabile di Covid-19 non è nota e richiede studi ulteriori.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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