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Infermieri militari, nessun obbligo di iscrizione all’Ordine: il SdM non ci sta

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Infermieri militari, ora è ufficiale: lo Stato pagherà la tassa di iscrizione all’Ordine.
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Per il Sindacato dei Militari è “fuori luogo” la decisione di non riconoscere l’esercizio abusivo della professione. Il segretario Comellini: “Pronti a ricorrere al Consiglio superiore della magistratura”.

Già nel marzo 2019 il Sindacato dei Militari (SdM) aveva denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma l’esercizio abusivo della professione degli infermieri militari senza iscrizione all’Ordine. Lo aveva fatto in relazione alla presenza nelle strutture sanitarie delle forze armate e dei carabinieri di personale non iscritto, in violazione di una legge dello stato italiano (la 3/2018) e del Codice penale (art. 348).

Per il Tribunale, invece, l’esercizio abusivo non sussiste, in ragione della deroga introdotta dalla Legge 30 dicembre 2018. Una decisione che, un mese fa, ha indotto il SdM a sostenere che Tribunale e Procura legittimino l’esercizio abusivo della professione sanitaria. Ora il Sindacato insiste, citando un precedente piuttosto sostanzioso. “Nei mesi scorsi – ha spiegato il segretario Luca Marco Comellini, nel pieno dell’emergenza sanitaria Covid-19, le direzioni di sanità delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri hanno pacificamente ammesso l’esistenza di numerosi infermieri militari non iscritti all’Albo professionale, e pertanto, al fine di evitare la commissione del reato di esercizio abusivo della professione, li hanno invitati a regolarizzare la loro posizione”.

Nonostante ciò, prima la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma e poi del giudice delle indagini preliminari “hanno ritenuto infondata la nostra denuncia – si legge in un comunicato del SdM -, chiedendone e disponendone l’archiviazione, ancorché dagli atti dell’indagine fosse già emerso chiaramente che, solo nell’ambito delle Marina Militare, gli infermieri militari non iscritti all’Albo professionale fossero circa 340 su un totale di 460”.

Lo scorso 6 luglio, in seguito alla richiesta di riapertura delle indagini presentata dal Sindacato, il gip ha ritenuto ancora una volta di non dover procedere oltre. “Riteniamo totalmente fuori luogo la decisione del sostituto procuratore – ha commentato Comellini –, e per questa ragione abbiamo dato ampio mandato al nostro avvocato per denunciare l’accaduto nelle sedi che riterrà opportune, non escluso il Consiglio superiore della magistratura”.

E ancora: “Auspichiamo un rapido intervento del Procuratore, Michele Prestipino, affinché, come abbiamo chiesto, siano svolte le nuove e più accurate indagini e, ove occorra, sia esercitata l’azione penale nei confronti di coloro che hanno esercitato abusivamente la professione sanitaria e, a maggior ragione, verso chi consapevolmente ne ha determinato l’impiego in violazione della legge”.

Il mese scorso, il SdM aveva anche fatto appello a Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi, chiedendole di intervenire “con l’urgenza che il caso richiede” e porre in essere “ogni azione per contrastare efficacemente l’esercizio abusivo della professione infermieristica nell’ambito delle FF.AA. e delle Forze di polizia a ordinamento militare”. Aggiungendo: “Alla presidente chiediamo azioni che non si risolvano in una mera annotazione nell’agenda delle cose da fare, ma siano l’esempio della concretezza degli irrinunciabili principi su cui si fondano gli Ordini e la stessa professione”. 

Il sindacato ha ricordato inoltre: “La norma punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni, e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000, chiunque abusivamente eserciti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. Inoltre il medesimo articolo 348 c.p. prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 anche nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato o ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo”.

Redazione Nurse Times

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