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Infermiera e influencer: conosciamo meglio Clio Regina Recinelli

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Infermiera e influencer: conosciamo meglio Clio Regina Recinelli
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L’infermiera Clio Regina Recinelli, nota per la sua attività social, si racconta in questa intervista a cura di Federica Taccogna.

Conoscete Clio Regina Recinelli? Molti di voi, soprattutto se infermieri con il senso attivo dei social, sicuramente risponderanno: “Certo!” Per tutti coloro che invece ancora non la conoscono provvediamo subito.

Clio è una ragazza nata a Bologna nel 1992, laureata in Scienze infermieristiche e in Nutrizione umana. Alcune caratteristiche fisiche che la rendono Clio? Capelli rossi, occhi azzurri e lentiggini. L’articolo che seguirà sarà proprio su di lei, in quanto si è pensato fosse utile vedere il punto di vista degli infermieri che si espongono sui social per divulgare non solo la nostra professione, ma anche il proprio essere. In fin dei conti, essere così vulnerabili nei confronti di un pubblico tanto variegato non è assolutamente solo rose e fiori, come si può pensare.

Qualche settimana fa ho personalmente contattato questa ragazza per sapere qualcosa in più su di lei e conoscerla meglio. Sinceramente, a differenza di altri, si è resa subito disponibile nel farsi intervistare, nonostante non mi conoscesse. Questo mi ha spinto ad avere ancora più curiosità nel conoscerla e soprattutto mi ha reso felice e propositiva in questa esperienza nuova. Entriamo adesso nel vivo dell’intervista, vedendo, passo dopo passo le domande e le relative risposte date da Clio.

Come mai hai scelto di diventare infermiera? È stata la tua prima scelta? Racconta un po’.

“Da sempre il sogno era stato quello di diventare medico, perché ho avuto un papà malato, aveva la distrofia muscolare, e quindi nei miei sogni c’era sempre stato l’obiettivo di guarirlo. Purtroppo però ho provato il test di Medicina al primo anno, e non l’ho passato, e comunque non mi ero neanche preparata più di tanto. Però ho passato subito quello di Infermieristica. Quest’ultimo era l’altra mia opzione, perché sapevo che volevo lavorare, in ogni caso, nel campo della sanità.

Dopo aver iniziato Infermieristica, mi sono trovata benissimo, e l’anno dopo ho riprovato Medicina, ma preparandomi ancora meno, facendo di conseguenza un punteggio ancora più basso della prima volta, e ho abbandonato l’idea iniziare di voler diventare medico. Devo essere sincera, mi è rimasta un po’ la ferita aperta su questa esperienza, perché mi sarebbe piaciuto diventare medico, però comunque la mia ‘seconda scelta’, non tanto diversa dalla prima, mi ha dato tante soddisfazioni.

Con il senno di poi, infatti, penso che fare Infermieristica sia stata la scelta migliore, perché mio padre è morto nel 2018 e sono riuscita ad aiutarlo concretamente e a stargli accanto, cosa che un medico avrebbe preteso da qualcun altro. Questo perché conosco i medici e, a differenza di noi infermieri, non fanno nulla in autonomia, nella parte gestionale del paziente. Io credo nel destino, e credo che il mio abbia giocato così le sue carte, nel modo migliore”.

Come racconteresti il tuo lavoro a una persona che ha idee radicate nel passato rispetto alla nostra professione? Ti piacerebbe portare nel mondo la vera voce degli infermieri, facendo dimenticare le solite dicerie?

“Gli infermieri, a partire dalla mia generazione e continuando anche alla tua, stanno portando avanti idee completamente nuove e diverse, cosa che viene appoggiata anche dal fatto che gli infermieri della vecchia guardia stanno man mano lasciando spazio ai giovani. Quindi anche se forse sono molto ottimista, a mio avviso le cose cambieranno, e io per prima voglio essere portavoce di questo cambiamento, per favorire realtà come quelle che ci sono oggi in America, dove un infermiere guadagna tranquillamente 80.000 dollari l’anno, sia come libero professionista che come dipendente”.

Se dipendesse da te, cosa cambieresti dell’ordinamento universitario e lavorativo? Parlami di alcuni capisaldi.

“Secondo me, l’ordinamento universitario andrebbe variato a partire dagli anni per concludere questo processo formativo. Non si può pensare di poter fare tirocinio in contemporanea con lezioni ed esami e terminare tutto in tre anni! Questo perchè, secondo la mia esperienza, ho dovuto dare degli esami all’acqua di rosa proprio perché non avevo tempo di fare tutto con tranquillità. E questo mi dispiace! Mentre per quanto riguarda il lavoro, penso che, a seconda di quello che un professionista veramente vale, bisognerebbe dare uno stipendio e possibilità lavorative varie. Una persona è in gamba e riesce a lavorare sia come dipendente che come libero professionista? Perché negarlo”.

Saresti disposta a continuare la formazione universitaria? Saresti più propensa a conseguire un master o la magistrale? Se la magistrale avesse più indirizzi (come la specializzazione per medicina), saresti più propensa a sceglierla come percorso?

“Ho fatto la triennale in Infermieristica e la magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche, sempre all’UniBo. Dopo essermi laureata, ho scelto di continuare la mia formazione, prendendo anche la laurea in Scienze della nutrizione umana al San Raffaele di Roma. Sono sincera, non ho intenzione di fare altra formazione in ambito infermieristico al momento, perché il mio obiettivo è quello di diventare libera professionista, in modo da poter fare anche (e sopratutto) la nutrizionista. Vorrei occuparmi più di prevenzione, salute e benessere rispetto all’idea di malattia”.

Quindi hai scelto di fare la magistrale, ma avresti preferito poter scegliere una specializzazione? A fronte del fatto che abbiamo solo un indirizzo di studi dopo la triennale…

“Si, mi sarei specializzata in qualcosa di più specifico, se avessi avuto la sicurezza di lavorare in quel settore. Ma coloro che nel nostro Paese si specializzano ad esempio in area critica, poi, quasi sicuramente, lavorano in altri reparti. È pur vero che in Italia abbiamo la fortuna di saper lavorare in tutti gli ambiti, a differenza dell’Inghilterra, dove ci si specializza e si lavora solo in un ambito specifico, però questo spesso penalizza chi ha un master perché poi non lo sfrutta.

Io, ad esempio, avrei preso quello in coordinamento, per completare il percorso con la magistrale, perché mi sarebbe piaciuto lavorare ai piani più alti e non più in assistenza, ma non sarebbe servito a molto. Poi, fortunatamente, ho anche cambiato idea su quello che voglio fare e, ad oggi, posso dire che non voglio più lavorare da dipendente. Quindi anche la scelta di frequentare la magistrale, azzarderei nel dire che è stata un po’ inutile”.

Ti piacerebbe pubblicare qualcosa di tuo? In che ambito?

“Al momento non ho interesse a pubblicare qualcosa di mio nell’ambito infermieristico. Sono infermiera e lo sarò per sempre. Proprio per questo, quando sarò libera professionista, voglio continuare a fare ciò che faccio ora nel servizio infermieristico domiciliare, concentrandomi di più sulla nutrizione e la salute (soprattutto nell’ambito della fertilità). Diciamo che, per quanto riguarda la formazione in ambito infermieristico, ad oggi ho mollato la presa per concentrarmi su altro”.

Cosa consiglieresti a un ragazzo che sta finendo il suo percorso scolastico alle superiori? Consiglieresti di intraprendere la tua carriera o opteresti per altre scelte?

“È una bella domanda, perché da un lato ti direi assolutamente sì, dall’altra assolutamente no. Partiamo dal fatto che a un ragazzo che sta finendo le superiori io consiglierei innanzitutto di conoscere se stesso e capire cosa vuole realmente. Per quanto riguarda la figura dell’infermiere, forse tutti dovrebbero farlo per cambiare il proprio essere, ma bisogna fare i conti con il fatto che è molto faticoso e frustrante, e con il passare degli anni c’è anche un tasso di insoddisfazione altissimo, e quindi a mio figlio non lo consiglierei. Comunque penso che chi decide di farlo, può solo se ha realmente una vocazione, non solo perché si trova lavora facilmente”.

Il mondo dei social e l’infermieristica sembrano andare a braccetto, ultimamente. Parlami della tua esperienza e delle motivazioni per cui ti diletti in questo.

“Ho notato che stanno fiorendo pagine di colleghi molto attive che parlano della professione, e tante cose super utili, che da studentessa avrei apprezzato moltissimo leggere. Per quanto riguarda me, non mi sono mai dedicata più di tanto all’infermieristica. Io parlo della mia vita, e quindi, siccome il mio lavoro fa parte di essa, ne parlo. Ne ho sempre parlato in maniera schietta e senza schemi sinceramente. Sul mio canale Youtube ho fatto dei contenuti più mirati, però non è un mio obiettivo lo specializzarmi nell’esporre argomenti infermieristici. Adesso poi sono anche incinta, non sto lavorando, e quindi i social sono un hobby. Ogni tanto scappa qualche collaborazione, ma le ho sempre trattate come un passatempo nella mia vita”.

Pensi che i social a lungo andare possano migliorare la “reputazione” della nostra professione o a tuo parere sono solo un modo per farsi conoscere dai professionisti sanitari?

“Credo che nel tempo possano assolutamente migliorare sia la reputazione che la nostra professione, anche se non mi aspetto che i profili siano seguitissimi da persone ‘comuni’. Mi spiego meglio: tra colleghi è interessante seguirsi, ma una persona giovane e in salute, perché dovrebbe seguire la pagina di un infermiere? Tendiamo a seguire cose che ci interessano o possono esserci utili, e diciamo che una persona in buono stato di salute non va a seguire pagine infermieristiche. Questo è un po’ il mio pensiero. Tuttavia non bisogna smettere di fare divulgazione, perché spesso un contenuto arriva alla persona giusta al momento giusto”.

Quanti anni avevi quando ti sei laureata? Pensi che il tuo percorso sia stato rettilineo o poteva andare in modo diverso?

“Finito il liceo, ho iniziato subito Infermieristica e mi sono laureata in tempo, nei tre anni: avevo 22 anni. Il mio percorso alla triennale è stato rettilineo, perché il mio unico impegno era l’università. Quando poi ho frequentato la magistrale, ho concluso il percorso formativo in tre anni, invece dei due previsti, perché lavoravo, e quindi era più complicato”.

Parlaci di quello che più ti rappresenta. Fai una tua presentazione, personale e lavorativa.

Quello che Clio mi ha presentato a questa domanda è stato un suo post di cui seguirà il link, in modo tale da aumentare la curiosità e poter conoscere meglio questa infermiera. L’intervista è terminata così, ma sinceramente, oltre a una persona molto in gamba, potrei quasi direi che c’è stata una crescita personale nell’affrontare determinati argomenti. Clio è una di noi. Molti hanno infatti pensato come prima scelta di fare Medicina e poi hanno fatto altro, ritrovando il proprio posto nell’ambito infermieristico.

Molti hanno frequentato la magistrale e poi se ne sono pentiti e al contrario invece altri non l’hanno frequentata e se ne sono pentiti col tempo. Vedere come coloro che si espongono sui social, e che hanno tantissimi followers, sono esattamente come noi, dovrebbe farci riflettere. Forse quest’ultima frase sembra quasi scontata, ma non è così. Molti, infatti, pensano che coloro che si espongono sui social siano diversi da noi, abbiano molto seguito perché particolarmente carismatici e perfetti, ma non è così. Mettere a nudo una persona ci fa capire molto, e in questo caso penso ci sia stata riflessione da parte di tutti.

La conclusione di Clio è stata personale. Non ho posto ulteriori domande, ma lei ha spontaneamente deciso di lasciarci un suo pensiero.

– A chi non è un infermiere vorrei dire di avere rispetto per questa figura perché, anche se molte volte si tende ad avere un pensiero negativo, quella persona che si trova di fronte a noi ha un peso importante da portare sulle spalle. Un peso non facile. Può compiere errori, in quanto essere umano, che possono ledere una o più vite. Quindi penso che più un cittadino si impegni ad avere rispetto di questa figura, più l’infermiere sarà portato a trattarlo meglio. Ovviamente questo non vale solo per questa professione, ma per qualunque rapporto interpersonale.

– A chi è infermiere voglio dire che, quando magari si perde la passione o la voglia di continuare, bisogna ricordarsi di dare significatività a ciò che si fa. Il significato del nostro lavoro è davvero profondo: è uno dei lavori più utili al mondo. Noi aiutiamo VERAMENTE le persone, e già solo questo ci fa onore!

Dott.ssa Federica Taccogna

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