È accaduto al Tribunale di Lecce: ovvero la presenza di un apparecchio salva-vita, il defibrillatore, ma l’assenza di un protocollo operativo per poterlo utilizzare. In pratica nessuno sapeva chi allertare, dove reperire il presidio e chi avrebbe potuto usarlo. Disorganizzazione, questa, che ha ritardato non poco il soccorso ad una persona colta da arresto cardiaco.
Il defibrillatore semiautomatico (DAE) è un presidio in grado di salvare la vita alle persone. Ma non è in grado di farlo da solo, purtroppo: è indispensabile la presenza di persone abilitate al suo utilizzo da appositi corsi di formazione ed immediatamente reperibili. Nei luoghi dove tale apparecchio è disponibile, perciò, sono necessari dei chiari protocolli operativi che, in caso di emergenza, possano rendere l’allerta dei soccorsi, la rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione quanto più precoci possibile.
Ne sanno qualcosa al Tribunale di Lecce, dove un operatore giudiziario 45enne, mentre lavorava al sesto piano, ha avuto un arresto cardiaco. Da lì in poi è successo praticamente di tutto e sono venute a galla delle gravissime lacune a livello organizzativo per far fronte ad un evenienza di questo tipo. La persona incosciente è stata repentinamente soccorsa da un collega: memore di un vecchio corso di BLS/Primo Soccorso effettuato tempo prima, ha allertato il 118 ed ha iniziato a praticargli il massaggio cardiaco, in attesa dei sanitari o di qualcuno che portasse e sapesse usare il defibrillatore presente nella struttura.
Sì, perché il tribunale penale di Lecce ha in dotazione un defibrillatore semiautomatico, donato tempo fa dall’Ordine degli avvocati. Ma dove è posizionato? Chi dovrebbe portarlo? E chi dei presenti o dei reperibili è abilitato ad usarlo?
Non c’è voluto molto tempo a capire che nessuno sapeva come comportarsi ovvero chi allertare, dove recarsi per reperire il presidio e chi avrebbe potuto/dovuto utilizzarlo. Non c’è un protocollo operativo da seguire, quindi. Non un elenco dei dipendenti che hanno eseguito un corso BLS-D (Basic Life Support & Defibrillation) né un protocollo di reperibilità che garantisca la presenza costante di uno di loro all’interno del palazzo di giustizia. Questo fa sì che un apparecchio di “vitale” importanza come un defibrillatore sia totalmente inutile. Inutilizzabile. E se capita una situazione di emergenza, come quella che ha interessato il povero operatore giudiziario, non c’è modo di intervenire correttamente e tempestivamente. Ma non è finita qui…
All’arrivo dei sanitari del 118, ci si è subito resi conto di un altro complicato quanto assurdo problema: come diavolo si fa a portare fino al sesto piano la barella?
Eh già… Nell’edificio non c’è neanche un ascensore di dimensioni tali da poterla contenere. Così… Dopo una snervante corsa per le scale, i sanitari hanno finalmente raggiunto lo sfortunato operatore e, quasi miracolosamente, sono riusciti a rianimarlo grazie al defibrillatore (quello in dotazione all’ambulanza). Lo hanno poi portato giù nel mezzo, caricandolo in ascensore tramite il telo d’emergenza e lo hanno trasportato in ospedale.
Le scarse condizioni di sicurezza del tribunale sono state più volte evidenziate dai sindacati:
“Da anni evidenziamo la necessità di progettare e realizzare un ascensore esterno. In merito al defibrillatore non è chiaro chi avrebbe potuto utilizzarlo, visto che i sindacati non sono stati informati della lista delle persone abilitate, né di come è stata eventualmente organizzata l’attività di soccorso in caso di problemi simili a quello di oggi”.
Alessio Biondino
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