Ne sono colpiti 5 milioni di italiani. Se ne parla al 95° Congresso nazionale della Società italiana di urologia (Siu).
Tra i 2 e i 5 milioni di italiani combattono ogni giorno con un problema che provoca loro imbarazzo, sconforto, umiliazione e ansia: l’incontinenza urinaria. Si tratta soprattutto di donne (1 su 5 intorno ai 50 anni), ma la differenza con gli uomini si abbatte superati i 75 anni, quando il disturbo colpisce in misura uguale i due sessi.
La perdita di urine che non dipende dalla nostra volontà è un fenomeno le cui dimensioni potrebbero essere ancora più vaste, considerato l’altissimo numero di persone che per pudore o vergogna non ne parlano neanche con il proprio medico di base. Si calcola infatti che in Italia sia solo il 25% dei pazienti a decidere di iniziare una terapia. Ciò significa che a convivere con questo problema potrebbero essere addirittura 20 milioni di nostri connazionali.
Sono solo alcuni dei dati emersi durante il 95° Congresso nazionale della Società Italiana di Urologia (Siu), di scena a Riccione, dove i migliori esperti nazionali e internazionali hanno parlato dell’impatto devastante che questa malattia ha sulla qualità della vita e delle armi per contrastarla. Perché le soluzioni esistono e sono efficaci.
“La paura di non riuscire a controllare la vescica è invalidante – spiega Antonio Rizzotto, presidente Siu e direttore del Dipartimento di Urologia all’Asl Viterbo, ospedale Belcolle –. Chi soffre di incontinenza urinaria vive in un perenne stato di tensione e di vergogna: evita l’intimità sessuale, limita gli spostamenti, non può fare programmi a lunga scadenza. La sua qualità della vita è bassissima. Ecco perché diventa fondamentale rivolgersi al più presto al medico di base e in seguito all’urologo affinché individui rapidamente la strategia terapeutica più adatta a evitare o ridurre questa malattia”.
I percorsi possibili per evitare o ridurre l’incontinenza urinaria sono tanti e devono sempre tenere conto del singolo paziente: “Possono basarsi su piccoli cambiamenti delle abitudini nella vita quotidiana (perdere qualche chilo di troppo, bere in modo regolare e normalizzare le pause tra una minzione e l’altra) – prosegu Rizzotto –, oppure su tecniche di riabilitazione che puntano a rafforzare i muscoli del pavimento pelvico (esercizi di Kegel). Ma se l’urologo lo ritiene opportuno, si può ricorrere ai farmaci e anche alla chirurgia, più o meno invasiva a seconda del grado di incontinenza”.
Un dato è sicuro: l’incontinenza, nelle sue due forme più tipiche (da urgenza e da sforzo), è sempre curabile: “I pazienti pensano di essere ‘condannati’ a portare per sempre il pannolone, perché il loro problema non si risolverà mai – sottolinea Rizzotto –. E invece non è affatto così. Esistono, in effetti, casi estremi in cui il pannolone va indossato a vita, ma sono per l’appunto casi estremi. Nella stragrande maggioranza dei casi l’incontinenza è curabile, anzitutto attraverso i farmaci. La tipologia più facilmente trattabile e risolvibile con le medicine è quella da urgenza, che in genere ha origine della vescica e si manifesta con uno stimolo talmente impellente e imperioso che non si fa in tempo ad arrivare in bagno”.
Sempre l’esperto: “La farmacologia oggi mette a disposizione prodotti sempre più efficaci e compatibili con altre terapie che si seguono ogni giorno. Si tratta di terapie che regolarizzano la contrazione della vescica, diminuendola: quando la vescica è iperattiva, cioè si contrae in modo ‘anarchico”, e non invece quando dovrebbe, provoca il problema. I farmaci di elezione appartengono in questo caso della classe dei parasimpaticolitici o dei beta agonisti”.
Ma anche l’incontinenza da sforzo, quella dovuta al fatto che lo sfintere non chiude come dovrebbe per cui basta un colpo di tosse, uno starnuto o prendere in braccio un bambino per perdere alcune gocce di urina, è curabile: “In questo caso la via terapeutica più efficace è sicuramente la fisioterapia indirizzata sul rafforzamento dei muscoli del pavimento pelvico. Non dimentichiamo – conclude Rizzotto – che anche l’incontinenza totale si può risolvere grazie all’impianto di uno sfintere artificiale, una protesi collaudata ormai da decenni che consente di liberarsi una volta per tutte del problema”.
La malattia – La perdita incontrollata di urine colpisce soprattutto le donne: la malattia riguarda infatti circa il 20% delle pazienti con 45-50 anni e cresce con l’aumentare dell’età. Rispetto agli uomini, le donne hanno più debole lo sfintere uretrale, cioè la struttura muscolare che controlla la fuoriuscita di urina dalla vescica. Inoltre sono tipicamente soggette a eventi fisiologici che possono contribuire all’insorgenza del problema: la gravidanza, il parto e la menopausa.
La forma di incontinenza urinaria femminile più tipica è quella da sforzo: basta un colpo di tosse, uno starnuto, il sollevamento di un peso o anche solo una risata, per aumentare la pressione addominale sulla vescica e causare perdite involontarie di urina. Queste ultime possono variare da poche gocce a un flusso più significativo. La donna può tuttavia soffrire anche di incontinenza da urgenza, che si verifica quando lo stimolo a urinare è forte o improvviso e accompagna o precede di pochissimo la perdita involontaria.
Nell’uomo, invece, accade l’inverso: la forma da urgenza è prevalente, causata di solito dall’ipertrofia prostatica benigna. Più rara quella da sforzo, che si presenta soprattutto nei soggetti che hanno subìto un intervento di rimozione totale della prostata a causa di un tumore.
Redazione Nurse Times
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