Siamo giunti al terzo capitolo della storia riguardante la famigerata “gara degli aghi” dei sanitari del pronto soccorso dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. Secondo le indagini interne svolte dal primario Vincenzo Riboni, 6 infermieri e 2 medici avrebbero gareggiato con lo scopo di infierire maggior dolore possibile ai loro pazienti creando una vera e propria classifica con foto e punteggi pubblicati all’interno di un gruppo su Whatsapp intitolato “Gli amici di Maria” (VEDI).
Il caso ha destato grande clamore mediatico gettando ulteriore fango sulla professione infermieristica già gravemente danneggiata dalla presunta vicenda dell’infermiera killer che dopo alcune settimane di carcere è stata liberata poiché non colpevole di nessuno dei 13 omicidi della quale era stata accusata (VEDI).
Da subito la descrizione dei fatti di Vicenza riportata da molti giornali è sembrata strana: se davvero medici ed infermieri avessero fatto una cosa così crudele per quale motivo la direzione ospedaliera avrebbe solamente inflitto un richiamo verbale a due degli otto professionisti coinvolti per un uso improprio del cellulare durante il turno di lavoro?
Alcune settimane dopo é emerso che non vi è stata alcuna gara degli aghi e che addirittura le dichiarazioni rilasciate dai sei infermieri e dai due medici a Riboni siano state falsificate. Per questo motivo il primario é stato denunciato dall’avvocato Lino Roetta.
Nell’esposto si ipotizza il reato di falsità ideologica commessa in atti pubblici. «Appare più che evidente – recita la denuncia-querela – come il dottor Riboni, mosso dal desiderio di punire i dipendenti del pronto soccorso, non abbia esitato a riportare e scrivere il falso nel verbale redatto durante l’incontro dell’11 gennaio scorso. Falsità che veniva però smascherata grazie alla provvidenziale registrazione e trascrizione della conversazione tenuta nel corso dell’incontro».
Giungiamo infine al terzo capitolo di questa vicenda grottesca.
Il prof. Riboni rilascia una dichiarazione ad un’emittente radiofonica locale affermando che, effettivamente, non c’è stata nessuna gara, non c’è stata “alcuna situazione di danno ai pazienti”, “nessun riscontro di situazioni che possano aver creato danno”, nessuna foto alle cannule, ma, anzi, la sua stessa ammissione che gli interessati “nell’attività lavorativa si sono sempre comportati in termini corretti”.
Pare che queste dichiarazioni siano finalizzate ad arginare la pessima figura fatta dal primario del pronto soccorso dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. Ma cosa abbia spinto il dott. Riboni a creare tutto questo clamore mediatico ancora non è chiaro. Alcuni dipendenti ipotizzano che abbia voluto punire in maniera plateale alcuni infermieri rei di utilizzare troppo frequentemente lo smartphone durante l’orario di servizio, altri parlano di manie di protagonismo del medico e di desiderio di scavalcare gli uffici preposti ad indagare sui comportamenti dei dipendenti ospedalieri. L’augurio é che la professione infermieristica non esca ulteriormente danneggiata da un’ennesima caso mediatico basato su voci di corridoio e supposizioni prive di fondamenti.
Simone Gussoni
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