Un infermiere e tre, quattro OSS per 60/80 pazienti. Con questi numeri l’assistenza quotidiana è di fatto pressoché miracolosa. Si pretendeva che le RSA reggessero alla pandemia. Non si è fatto nulla per cambiare le cose durante la seconda ondata, mentre le si è demonizzate.
Il segretario Fials di Milano città metropolitana, Mimma Sternativo: «I professionisti delle RSA sono sempre stati trattati da serie Z neppure B. Sono stati denigrati dall’opinione pubblica colpevoli solo di essere sfortunatamente lì presenti. Gli organici sono ridotti all’osso. E’ necessario discuterne e dare qualche forma di sostegno economico, ma soprattutto sociale. A breve non ci sarà più personale in fuga dal privato verso il pubblico e a pagare sarà il cittadino».
L’attuale emergenza pandemica ha evidenziato quanto il sistema della sanità non riesca a offrire risorse e le soluzioni sufficienti a far fronte al fabbisogno di protezione e cura della schiera di anziani fragili che abbiamo sul territorio.
Le zone dove si concentra il maggior numero di residenti nelle RSA sono la città di Milano (38% delle strutture e il 45% degli ospiti); seguita dal Distretto Ovest e dal Distretto di Melegnano-Martesana. La quota di anziani ospiti nelle strutture residenziali lombarde supera le 4000 unità. Molte sono strutture private e non accreditate e la domanda è alta.
Durante la pandemia sono diminuiti i posti letti e si sono dovuti organizzare per reparti Covid.
La riduzione dei posti letto ha comportato un grave danno economico alle società che garantiscono l’assistenza nelle varie RSA pertanto molte hanno dovuto chiedere la cassa integrazione e rischiano di dichiarare fallimento a breve.
«Le cooperative han dovuto far fronte da sole alle spese per i dispositivi di protezione individuale (pagandoli a costi maggiori perché non rientravano nel giro della protezione civile) quindi chi poteva li recuperava; gli altri, lo abbiamo visto… In più molte volte essendo acquisti svolti in autonomia riguardavano DPI non a norma successivamente sequestrati, con ulteriore perdita economica e di tempo»; dice il segretario Sternativo, che continua:
«I lavoratori non solo si sono contagiati, ma a differenza dei dipendenti pubblici non hanno ricevuto alcuna premialità. Il personale è allo stremo, sia perché ha dovuto coprire i giorni di malattia dei contagiati; sia perché han dovuto sostituire il personale nel frattempo assunto con i bandi degli ospedali pubblici.
Per questo alcune RSA han dovuto dare un incentivo ai soli infermieri per cercare di trattenerli.
Si è tanto parlato dell’incubo RSA nella prima ondata, ma la verità è che poi non è stato posto alcun rimedio nella seconda se non quella di trasferire immediatamente i pazienti in pronto soccorso (con successivo sovraccarico degli ospedali)».
Altre Regioni, come regione Emilia Romagna, Toscana e Veneto hanno corrisposto un contributo di 25 euro al giorno per posto letto vuoto e 5 euro per l’acquisto dei dispositivi di protezione.
Regione Lombardia non si è ancora mossa in tal senso. Su questo occorre invertire la rotta.
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