Lo rivela uno studio condotto da Cnr e Ispro. Decisivo il ruolo svolto dall’editing dell’RNA.
Uno studio pubblicato su Science Advances mostra come i nostri processi cellulari siano in grado di hackerare il codice genetico del Sars-CoV-2 mediante un processo noto come editing dell’RNA. Lo ha condotto il gruppo coordinato da Silvo Conticello, dell’Istituto di Fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc) e dell’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (Ispro), in collaborazione con Giorgio Mattiuz, dell’Università di Firenze.
“Del processo di editing dell’RNA – spiega Conticello – sono responsabili gli ADAR e gli APOBEC, un gruppo di enzimi con ruoli fisiologici che spaziano dai processi dell’immunità all’aumento dell’eterogeneità all’interno delle cellule. Gli ADAR e gli APOBEC convertono due dei quattro componenti dell’RNA, ossia le adenine e le citosine, in inosine e uracili, causando alterazioni genetiche. Purtroppo le mutazioni indotte non sempre riescono a danneggiare il genoma virale e possono anzi contribuire all’evoluzione del virus. I fattori fisiologici che influenzano l’efficacia dell’editing possono rappresentare una delle variabili che determinano la risposta individuale al virus e il loro studio potrebbe fornire indicazioni su fattori di rischio e prognostici”.
Nello studio, il sequenziamento dell’RNA del virus, ossia la tecnica usata per calcolare la sequenza dei genomi virali, è stato sfruttato per la prima volta per identificare mutazioni a bassa frequenza, operate dagli enzimi per tentare di attuare il meccanismo di difesa.
“Anche se il solo editing dell’RNA non è in grado di contrastare l’infezione – conclude Conticello –, averlo individuato mette in evidenza il tallone d’Achille del virus. E lo sviluppo di strumenti in grado di migliorare l’efficienza di quel processo potrebbe gettare le basi per terapie precoci, con un approccio valido non solo contro il Sars-CoV-2, ma anche contro altri tipi di virus. Inoltre, nel breve termine, l’analisi delle mutazioni inserite dagli ADAR e dagli APOBEC può aiutarci a individuare regioni del genoma virale importanti per il suo ciclo vitale. Questa informazione può aiutarci a sviluppare terapie mirate per bloccare la replicazione del virus all’interno della cellula”.
Redazione Nurse Times
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