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Coronavirus, no dell’Italia allo Sputnik senza responso Ema

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Coronavirus, no dell'Italia allo Sputnik senza responso Ema
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Il Governo intende accelerare sui vaccini, ma non darà il via libera al vaccino russo prima che l’Agenzia europea per i medicinali si sia espressa. Sì, invece, alla prima dfose di AstraZeneca subito e per tutti.

Lo Sputnik V potrà arrivare in Italia solo dopo il responso dell’Ema. Nessuna corsia d’emergenza, dunque, per il vaccino anti-Covid russo sul quale ha invece di puntare la Repubblica di San Marino, sebbene sia chiara la volontà del Governo di imprimere subito un cambio di passo nella campagna vaccinale, anche per fermare l’avanzata delle varianti.

Non tutte e non del tutto chiare, al momento, sono le modalità attraverso le quali si intende centrare l’obiettivo. Mentre il presidente del Consiglio, Mario Draghi, prosegue nella messa a punto della macchina logistico-organizzativa, che oggi ha avuto una tappa fondamentale nella nomina del nuovo commissario all’emergenza Covid, il Governo lavora per superare l’impasse in cui i tagli alle forniture e i ritardi nella consegna delle dosi promesse rischiano di far precipitare la campagna vaccinale, col Paese stretto nel timore per le mutazioni del virus e l’arrivo della terza ondata.

Da più parti, negli ultimi giorni, si è guardato al vaccino russo, ma non ancora autorizzato dall’Agenzia europea per i medicinali, come a una possibile soluzione alla mancanza di dosi. Un’ipotesi praticabile per il leader della Lega, Matteo Salvini, non altrettanto per il ministero della Salute, Roberto Speranza, né per l’Aifa. Non prima del responso dell’Ema, benché esista “una normativa che consentirebbe di avere il vaccino in via rapida ed emergenziale”, come ha ricordato il virologo dell’Università di Milano, Fabrizio Pregliasco.

A tal proposito, l’ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea, Guido Rasi, ha affermato: “I russi stanno facendo un gioco furbo: hanno aperto i contatti con l’Ema ma non consegnano i dati. Nel frattempo sperano, con la pressione emotiva, di avere l’autorizzazione in emergenza, come in Ungheria e Serbia. Non è una bella cosa. Ritengo che lo Sputnik possa essere un buon vaccino, ma nessuno ha visto i dati. C’è solo un’auto-dichiarata funzionalità del 92%, senza uno studio appropriato”.

“Il vaccino russo dà una protezione elevata, ma c’è un problema: per essere certi della qualità si passa al vaglio dell’Ema: non ci si può fidare in maniera pregiudiziale”, ha detto qualche giorno fa Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di Prevenzione del ministero della Salute. Ancora più netta la stroncatura del direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini, che in audizione alla Commissione Igiene e sanità del Senato ha scandito: “È fuori luogo avanzare la richiesta di importazione del vaccino Sputnik sulla base di dati incompleti e poco noti. Al momento, infatti, non è arrivata all’Ema la richiesta per la valutazione del dossier Sputnik. Ci sono vaccini in fase ben più avanzata di validazione, e quindi di arrivo”.

Quello di Johnson & Johnson, per esempio, come ha aggiunto lo stesso Magrini: “Verosimilmente sarà approvato l’11 marzo. E altri due vaccini, di cui uno efficace sulle varianti, saranno approvati agli inizi di aprile, entrambi con altissima efficacia. Tre vaccini sono in arrivo nelle prossime settimane e anche i quantitativi dei vaccini precedenti, soprattutto Pfizer, sono in aumento fortemente. Fino ad arrivare a 15 milioni di dosi al mese”.

Le speranze per un cambio di passo effettivo sono dunque concentrate sul vaccino di Johnson & Johnson, il terzo approvato negli Stati Uniti e il primo a richiedere una sola dose. La consegna nel nostro Paese, però, sembra essere stata fissata a partire da aprile e non già da marzo, subito dopo la valutazione di Ema. Fino ad allora, quindi – da aprile la carenza dovrebbe risolversi con l’arrivo fino a giugno di 64 milioni di dosi – bisognerà fare di necessità virtù. E tarare la volontà di accelerare la vaccinazione alle possibilità offerte dai vaccini a disposizione.

Non si è ancora deciso, per esempio, se passare alla dose unica, di cui aveva parlato Draghi nel suo primo intervento da premier al Consiglio europeo, ma che una parte della scienza boccia senza appello. Al momento si è stabilito di utilizzarla solo per i circa 2 milioni di guariti dal Covid. Anche se per chi ha ricevuto il vaccino AstraZeneca la dose unica è quasi una realtà. Gli appuntamenti per i richiami, infatti, vengono fissati ben oltre le 12 settimane indicate dal protocollo dell’Aifa, “liberando” in tal modo prime dosi per un maggior numero di persone.

E a stretto giro il farmaco dell’azienda farmaceutica angelo-svedese potrebbe essere utilizzato per vaccinare anche le persone di età superiore ai 65 anni, il limite fissato attualmente dall’Aifa. Dalla Scozia, infatti, sono arrivati nuovi dati sull’efficacia del preparato su un buon numero di ultra80enni cui è stato somministrato. Mettendo a confronto il vaccino AstraZeneca con quello di Pfizer, su 1,1 milioni di persone vaccinate – più della metà con comorbilità – è stata rilevata una riduzione ospedalizzazioni del 95% con AZ e 84% con Pfizer, una simile efficacia dei due vaccini all’81% sopra gli 80 anni.

“La posizione potrebbe essere rivista se i nuovi dati lo consentiranno – ha spiegato la presidente della Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa, Patrizia Popoli –. In realtà Aifa ha detto fin dall’inizio che il vaccino AstraZeneca poteva essere reso disponibile nell’intera popolazione autorizzata da Ema (ossia nelle persone a partire dai 18 anni, senza limiti di età, ndr). Tuttavia si è suggerito un uso preferenziale nei soggetti meno anziani, che erano stati maggiormente inclusi negli studi clinici. Ma si era detto fin dall’inizio che queste indicazioni si sarebbero dovute riconsiderare quando fossero state acquisite ulteriori evidenze dagli studi in corso”.

Quanto alla precedenza nella vaccinazione, mentre si completa quella per categorie (militari, insegnanti, forze dell’ordine, per citarne tre), il criterio resta quello su cui si basa il piano vaccinale in vigore. Quindi, dopo gli anziani, le persone fragili. E poi via via per fasce d’età, fino ad arrivare ai più giovani. Numero di dosi permettendo.

Redazione Nurse Times

Fonte: HuffPost

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