La sentenza dei giudici sul processo bis per la morte di Marco Vannini ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario. Nove anni e quattro mesi ai familiari: anche a loro è stata riconosciuta l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale. I Ciontoli avrebbero potuto evitare la morte del ventenne se avessero chiamato senza dire il falso ai soccorsi.
Processo Vannini, Ciontoli in lacrime prima della sentenza: “Io unico responsabile”
“Fu omicidio volontario” questa la sentenza dei giudici nel processo bis sulla morte di Marco Vannini, che hanno condannato Antonio Ciontoli a 14 anni. Nove anni e quattro mesi alla famiglia, accusata di omicidio volontario con dolo eventuale. Il verdetto è arrivato nella mattinata di oggi, mercoledì 30 settembre.
Stamattina ad attendere mamma Marina e papà Valerio davanti al Tribunale di piazzale Clodio, decine di persone provenienti da tutta Italia, con striscioni e foto del ventenne di Cerveteri ucciso da un colpo di pistola sparato nella villetta dei genitori della fidanzata a Ladispoli, sul litorale a Nord della provincia di Roma, a maggio di cinque anni fa. I giudici hanno accolto quello che era il desidero di giustizia della famiglia: “Non ci interessano gli anni di carcere, ma che venga riconosciuto l’omicidio volontario per Antonio Ciontoli e per la sua famiglia”. Il sostituto procuratore della corte d’appello di Roma, Vincenzo Saveriano, aveva chiesto in prima istanza una condanna a quattordici anni di reclusione per tutti, e in subordine nove anni per i familiari.
Mamma Marina: “Ciontoli il perdono lo deve chiedere a se stesso”
“Se l’avessero soccorso subito sarebbe qui e noi non saremmo stati davanti a queste telecamere – ha commentato mamma Marina subito dopo la sentenza – La giustizia esiste e non dovete mai demordere, dovete sempre lottare. Antonio Ciontoli il perdono lo deve chiedere a se stesso, che lo chiede a noi dopo cinque anni e quattro mesi perché vuole intenerire i giudici, non mi interessa. Quello che conta è che sia stato riconosciuto l’omicidio volontario per tutti quanti. La mia non è vendetta, ma voglia di giustizia. I giovani devono crescere con principi morali come li aveva mio figlio”.
Ciontoli: “Sono l’unico responsabile”
La sentenza del processo d’appello bis è arrivata dopo poco più di un’ora di camera di consiglio. Alla lettura del dispositivo non era presente in aula Antonio Ciontoli che aveva rilasciato dichiarazioni spontanee addossandosi tutta la colpa dell’omicidio, poco prima che la corte entrasse in camera di consiglio. “Chiedo perdono per quello che ho commesso e anche per ciò che non ho commesso – ha dichiarato in aula -Qualsiasi sia la condanna giudiziaria so che resterà solo il dolore lacerante di tutte le persone che amano Marco. Solo la consapevolezza di quanto Marco è stato bello e avrebbe potuto esserlo ancora e che a causa del mio errore non sarà. Nessun ministro, nessun giornalista, nessuna persona comune, dovrebbe sentirsi in dovere di abbandonare l’imparzialità, suscitando sentimenti di rabbia e di violenza e di vendetta. Nessuno dovrebbe pensare di potersi sostituire ai giudici. Io quella sera un uomo migliore non lo sono stato. Chiedo perdono. La realtà è stata spesso romanzata dai media che l’hanno spesso riproposta con tanta insistenza. Mi appello alla parte buona di ogni uomo”.
Il processo per la morte di Marco Vannini ha visto Antonio Ciontoli condannato in primo grado a quattordici anni di reclusione con dolo eventuale, mentre la moglie Maria Pezzillo e i due figli Martina e Federico, rispettivamente la fidanzata di Marco e suo fratello, a tre anni per omicidio colposo. Secondo i giudici Marco Vannini poteva essere salvato, ma i Ciontoli, seguendo le indicazioni del capofamiglia, come emerso in sede d’indagine e dalle intercettazioni, hanno ritardato l’intervento dell’ambulanza, accettando con questo comportamento il rischio che il ragazzo potesse morire. La Corte d’Assise d’appello ha invece condannato Ciontoli a cinque anni di reclusione per omicidio colposo. Derubricazione del capo d’imputazione perché: “Nonostante si tratti di una condotta particolarmente odiosa non può di per sé comportare che un fatto colposo diventi doloso”. Poi si è arrivati infine al processo bis, dopo che la Suprema Corte di Cassazione ha ordinato un ritorno in aula per Antonio Ciontoli e i suoi familiari. Secondo i giudici infatti “ad uccidere Marco non è stato il colpo di pistola in sé, colposamente sparato da Antonio Ciontoli, ma il ritardo dei soccorsi, che se chiamati e arrivati tempestivamente senza che venisse detto il falso, avrebbero potuto evitare la morte del giovane”.
Ci auguriamo che l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma decida di valutare nuovamente la posizione della loro iscritta.
Redazione Nurse Times
Fonte: Ansa
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