Impietoso il confronto con altri Paesi europei. Insufficiente anche il numero dei medici di base.
Il personale sanitario italiano, rapportato alla popolazione, è caratterizzato da un numero complessivo di medici che, seppure “congruo”, presenta una forte carenza di medici di base e un numero di infermieri insufficiente. Ci sono infatti 4 medici ogni 1.000 abitanti, contro 3,17 della Francia, i 3,03 del Regno Unito e i 4,47 della Germania. Per gli infermieri, invece, si registra un gap di -2,6 infermieri ogni 1.000 abitanti rispetto alla media Ue. In Italia, nel 2020, operavano 6,2 infermieri per 1.000 abitanti, contro i 18 di Svizzera e Norvegia, gli 11 della Francia, i 13 della Germani e gli 8,2 del Regno Unito.
I dati sono contenuti nel rapporto “Il personale del Servizio sanitario nazionale”, pubblicato dall’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali). L’analisi del personale del Ssn – pari a 617.466, di cui 68,7% donne e 31,3% uomini, con un aumento di oltre 13mila unità rispetto al 2019 – è basata su dati del ministero dell’Economia e delle finanze (Conto annuale – 2020), del ministero della Salute, di Istat ed Eurostat (2019-2021) e su rilevazioni Ocse (2020).
Nell’ambito del personale medico, spiega Agenas, “risultano carenti alcune specializzazioni, in particolare i medici di medicina generale, che, sebbene rapportati alla popolazione siano apparentemente sufficienti, sono inferiori rispetto alle medie Eu, non omogeneamente distribuiti sul territorio e molto scarsi nelle aree a bassa densità abitativa o caratterizzate da condizioni orografiche o geografiche disagiate”.
L’elaborazione approfondisce vari aspetti relativi alla dotazione del personale del Servizio sanitario nazionale: scenario europeo, differenze regionali, tasso del turnover, assunzioni durante l’emergenza Covid-19, fabbisogno per il potenziamento dell’assistenza territoriale, formazione, e stanziamento di fondi.
Il protrarsi del blocco delle assunzioni, sottolinea l’Agenzia, “ha determinato l’innalzamento dell’età media del personale e il conseguente fenomeno della gobba pensionistica”. Tale fenomeno, “sebbene riguardi tutto il personale sanitario, appare naturalmente più minaccioso per i profili professionali già carenti”.
Dunque le due categorie più a rischio appaiono essere medici di famiglia e infermieri, e gli interventi, limitati all’incremento dell’offerta formativa in altri Paesi europei, si è rivelato parzialmente inefficace. Si ritiene infatti “necessario abbinare all’incremento dell’offerta formativa un sistema di incentivi in grado di rendere attrattive tali figure professionali in termini di riconoscimento sociale oltre che economico”.
Rispetto poi all’offerta formativa delle scuole di specializzazione il rapporto Agenas rileva che questa è stata sensibilmente incrementata a partire dal 2018. Gli effetti di tali ampliamenti saranno apprezzabili tra cinque-sei anni, quindi a partire dal 2023. Per il quinquennio 2022-2027 l’offerta formativa delle varie scuole di specializzazione, afferma Agenas, “sarà in grado di assicurare, a legislazione costante, il numero di pensionamenti prevedibile per lo stesso periodo”.
Per il profilo professionale “infermieri”, nel quinquennio 2022-2027, l’offerta formativa attuale sarà in grado di assicurare una disponibilità di personale sufficiente a compensare il prevedibile pensionamento nello stesso periodo, più quello di prevedibile nuova assunzione, in relazione all’esigenza di potenziamento dell’assistenza territoriale.
Redazione Nurse Times
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