Continuano le interviste di Nurse Times ai personaggi di ieri e di oggi dell’Infermieristica italiana.
In quest’intervista abbiamo dato voce al Direttore del Cdl in Infermieristica presso l’Università degli Studi di Bari, sede di Lecce, Dr. Cosimo Caldararo che mette in risalto le criticità che la professione vive nei percorsi didattici universitari, ma confermando gli infermieri come protagonisti del cambiamento in sanità.
A Caldararo, come ai suoi predecessori, abbiamo rivolto 6 domande specifiche.
Professore come vede l’infermiere tra 10 anni?
Si stima che nel 2030, in Italia, mancheranno circa 120.000 professionisti tra infermieri e medici. La pandemia ha evidenziato le qualità della professione infermieristica quali umanizzazione, competenza e innovazione.
Tra 10 anni avremo un infermiere con tanti titoli, (sui quali dovremmo spendere qualche parola), formato nell’Università ma con ridottissima presenza di Professori associati e ricercatori med-45, forse qualche dirigente, l’infermiere scolastico e di famiglia a pieno regime e una figura professionale non più demansionata.
Ma ciò che mi preoccupa è il rischio che l’evoluzione professionale possa essere condizionata dalla carenza di professionisti e le dichiarazioni di qualche politico dell’ultima ora non sono incoraggianti.
L’infermiere di domani passa inevitabilmente dall’infermieristica di oggi. Quali pensa siano i punti essenziali da affrontare?
Sicuramente la formazione base va rivista e aggiornata al professionista del futuro compresa la formazione post-base. Vedrei con interesse una revisione della formula 3+2 con un percorso formativo a ciclo unico (quinquennale).
E magari con corsi di specializzazione post laurea retribuiti. Ciò comporterebbe un adeguamento delle nostre competenze ed un inevitabile adeguamento retributivo.
A suo avviso come si potrebbe migliorare il rapporto tra immagine infermieristica e cittadinanza?
La pandemia ha sicuramente migliorato l’immagine dell’infermiere, tuttavia, è importante promuovere la professione infermieristica soprattutto nelle giovani generazioni che vedono, ancora oggi, l’infermiere come una figura ausiliaria del medico.
Oggi chi sceglie questa professione è fortemente condizionato dalle opportunità occupazionali.
Il CDL in infermieristica è per molti la seconda scelta e il tasso di abbandono al primo anno è in costante aumento.
E’ inutile ricordare che la prima scelta rimane medicina.
La formazione infermieristica soffre di mancanza di risorse. Quanto reputa che influisca sulla professione e sui professionisti?
Sicuramente quello delle risorse è un problema che condiziona la formazione infermieristica, ma il punto è sempre lo stesso.
Sganciare la formazione infermieristica da quella medica con programmi e percorsi formativi completamente diversi affidati a professionisti infermieri adeguatamente formati.
Per fare ciò sono sicuramente necessarie più risorse ma anche la volontà politica di far un passo in avanti.
Nell’immaginario collettivo innovazione vuol dire uso di tecnologie avanzate, concetto valido nell’ambito manifatturiero ma non in quello dei servizi come quello sanitario ad elevata intensità di conoscenza.
Il valore delle prestazioni sanitarie non dipende solo dalle caratteristiche tecniche ma anche dai benefici che produce nel cliente, per questo bisogna investire nella formazione dei professionisti sganciandoci da dinamiche di pura razionalità economica.
Alcune gestioni sembrano prediligere gli infermieri delle grandi realtà ospedaliere cittadine: quale ricetta per impedire che vi siano periferie nella professione?
Chi ha lavorato nel piccole realtà ospedaliere periferiche sa qual è il valore delle piccole strutture. Il punto non è la grandezza e complessità delle strutture ma il rapporto con il paziente.
Quale è ed è stato il ruolo dell’infermiere ai tempi del Covid-19?
Sicuramente non vogliamo essere ricordati come eroi ma semplicemente come professionisti.
La pandemia non ha evidenziato problematiche tecniche nella formazione infermieristica ma molte criticità nell’organizzazione del lavoro in condizioni di emergenza e carenza di risorse.
Sicuramente non è la formazione tecnica che va rivista ma il contesto nel quale siamo e saremo chiamati ad operare.
E questo è un impegno che prendo nel riprogrammare le attività didattiche professionalizzanti ed il tirocinio per il prossimo a.a.
Grazie Direttore per la sua disponibilità.
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