Nei primi mesi del 2019 sono aumentate del 40% le richieste di lavoratori provenienti dall’estero, spesso sottopagati.
Da un lato medici e infermieri italiani che vanno a cercare fortuna altrove, allettati da stipendi più alti. Dall’altro sempre più stranieri che arrivano a coprire i vuoti. A volte sfruttati, con paghe inferiori a quelle di una colf. Una porta girevole dove alla fine la qualità delle cure rischia di abbassarsi, perché il livello della formazione di chi viene da fuori è spesso inferiore a quello dei nostri professionisti.
Dall’inizio del 2018 a fine maggio di quest’anno le richieste di assunzione rivolte a medici, infermieri e fisioterapisti d’oltre confine sono state ben 8mila, certifica l’Amsi (Associazione dei medici stranieri in Italia). Solo nei primi mesi del 2019 l’impennata di richieste è stata del 40% e ha riguardato in particolare 4.400 dottori, 2.800 infermieri e 800 fisioterapisti, ai quali si sono detti pronti a spalancare le porte ospedali pubblici, cliniche private, ambulatori, centri fisioterapici e quant’altro richieda il supporto di personale sanitario.
Le offerte di lavoro per medici stranieri sono arrivate soprattutto da Veneto e Piemonte (500), seguite da Lombardia (450), Puglia e Lazio (entrambe con 400 richieste). Le specializzazioni più richieste sono quelle di anestesista, ortopedico, medico dei servizi di emergenza, radiologo, chirurgo, neonatologo, ginecologo e pediatra. Anche se non mancano offerte a neurochirurghi, geriatri, medici dello sport e di famiglia. Nuovi arrivi, che si sommano agli stranieri già da tempo nelle nostre strutture sanitarie. In tutto 80mila professionisti della salute, dei quali 19 mila medici.
Avanti l’Est Europa, Romania in testa. E questo desta qualche preoccupazione tra gli esperti. «Se si tratta di professionisti provenienti dall’Ue c’è il mutuo riconoscimento dei curriculum formativi, ma resta il fatto che il livello di formazione dei nostri medici è quasi sempre superiore, anche perché in nessun Paese la formazione medica dura tra i nove e i dieci anni come da noi», spiega il professor Marco Rotondi, presidente dello IEN, l’Istituto europeo che si occupa di sviluppo del capitale umano.
«Grazie alle Legge Lorenzin del 2018 gli infermieri, per lavorare in Italia, devono essere iscritti all’Ordine, e per farlo gli stranieri devono passare un esame che attesti la validità della loro formazione», assicura Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi. «Fatto sta – aggiunge – che i nostri professionisti hanno la migliore formazione al mondo, tant’è che vengono a prenderceli da Germania, Francia e Regno Unito».
Importiamo professionisti della salute dall’estero, ma poi regaliamo a Paesi arabi ed europei professionisti che allo Stato è costato caro formare. Nel caso dei medici, almeno 250mila euro per ogni specializzato. Se il ricorso allo straniero in sanità fa storcere il naso a qualcuno, resta il fatto che le nostre strutture sanitarie non possono andare troppo per il sottile. La stessa Amsi ha calcolato che, tra boom di pensionamenti e pochi medici specializzati made in Italy, sul mercato, da qui al 2026, di dottori ne mancheranno qualcosa come 100mila. Ai quali andranno aggiunti 60mila infermieri e 3mila fisioterapisti.
«Il problema – spiega il presidente Amsi, Foad Aodi – è che anche i professionisti stranieri iniziano a rifiutare le offerte di lavoro, o perché si tratta di impieghi per brevi periodi o per le paghe ben al di sotto del minimo sindacale. Alcuni medici vengono pagati addirittura 7 euro l’ora, contro un minimo da contratto che è di 18 euro. Sappiamo di infermieri pagati persino 5 euro l’ora. Un fenomeno che va combattuto, perché offende la dignità delle persone e del lavoro». Ma anche la salute dei pazienti, che con lo sfruttamento dei professionisti stranieri in sanità sicuramente non ci guadagna.
Redazione Nurse Times
Fonte: La Stampa
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