Ne ha beneficiato una paziente di circa 60 anni, operata dall’equipe della Cardiologia dell’Ospedale Maggiore.
Una paziente di circa 60 anni affetta da una grave cardiopatia, a cui un paio di anni fa era stato impiantato un defibrillatore, è stata sottoposta ad un intervento salvavita dall’equipe della Cardiologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna. Grazie alla telemedicina gli specialisti, seppur a distanza, hanno potuto osservare alcune anomalie nel circuito elettrico cardiaco della paziente, decidendo di inviare al domicilio un’ambulanza per trasportarla in emergenza nel reparto di Cardiologia interventistica.
Qui un’equipe multidisciplinare e multiprofessionale, diretta da Gianni Casella, ha eseguito una procedura di ablazione transcatetere, intervenendo sulle aritmie maligne recidivanti, estremamente pericolose per la vita della paziente e difficilmente trattabili con terapie farmacologiche. Nello specifico, l’ablazione è una procedura interventistica grazie alla quale è possibile individuare e interrompere i circuiti elettrici patologici del cuore che causano molteplici aritmie, e nel caso particolare, intervenire su quelle maligne. La peculiarità del caso clinico risiede nell’elevatissima frequenza della tachicardia ventricolare, che non poteva essere tollerata dalla paziente per il tempo necessario a individuare ed eliminare i circuiti elettrici patologici da interrompere con l’ablazione.
Per consentire l’esecuzione della procedura, dunque, Giampiero Nobile, responsabile della Cardiologia interventistica, prima di procedere con l’ablazione, ha posizionato all’interno del cuore della paziente, per via percutanea, un grosso catetere con una piccola turbina (sistema Impella), in grado di mantenere la circolazione del sangue anche quando il battito cardiaco fosse diventato così rapido da risultare incompatibile con la vita. Intanto la squadra di elettrofisiologi, diretta da Gaetano Barbato, grazie al supporto di anestesisti e rianimatori del Maggiore, in circa due ore sono riusciti a interrompere l’aritmia maligna attraverso l’ablazione, mentre la pompa artificiale garantiva alla paziente un adeguato flusso circolatorio, evitando di esporla ad alcun rischio di compromissione di organi.
Nonostante da diversi anni l’Ospedale Maggiore sia un riferimento nazionale per il trattamento ablativo delle aritmie ventricolari e maligne – quasi 600 casi eseguiti negli ultimi dieci anni, volumi che la pongono tra i centri di riferimento italiani in questo ambito -, questi particolari interventi in pazienti con cardiopatie avanzate, un’importante disfunzione ventricolare e aritmie maligne particolarmente rapide, rappresentano ancora oggi una sfida importante. In casi così complessi, il metodo più efficace per raggiungere il risultato può essere il posizionamento preventivo di un sistema di supporto ventricolare.
Questo tipo di intervento – frutto di ricerca scientifica, competenza, multidisciplinarietà e innovazione tecnologica – apre, dunque, nuovi orizzonti per il trattamento di pazienti gravemente cardiopatici, confermando il raggiungimento di un risultato straordinario, grazie alla collaborazione di specialisti diversi (elettrofisiologi, emodinamisti e anestesisti rianimatori).
Redazione Nurse Times
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