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A breve un vaccino contro i virus che causano bronchiolite e polmonite nei bambini

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Rappuoli (Gsk): “Tra pochi anni anche un anti-meningite universale”.

Ricerca e tecnologie sempre più sofisticate stanno rivoluzionando lo sviluppo dei vaccini. Dopo 50 anni di fallimenti, sarà disponibile nel giro di qualche anno un siero contro il virus respiratorio sinciziale, una delle cause più comuni della bronchiolite e della polmonite nei bambini con meno di un anno. E tra circa 4-5 anni potrebbe arrivare un vaccino universale contro tutti i diversi ceppi di meningite.

A fare il punto è Rino Rappuoli, direttore scientifico e responsabile dell’attività esterna di ricerca e sviluppo di GlaxoSmithKline Vaccines: “La tecnologia corre velocissima. Oggi la genomica, con i moderni macchinari di cui disponiamo è diventata routine. La possibilità di realizzare le strutture delle molecole ha rivoluzionato il nostro modo di lavorare”. E ha permesso di far arrivare in sviluppo clinico il vaccino per il virus respiratorio sinciziale. “Il primo fallimento – racconta Rappuoli – risale al 1969, l’ultimo è di aprile di quest’anno: per 50 anni nessuno ci è riuscito. È un virus, è più semplice di un batterio, ma abbiamo fallito per circa 50 anni perché non c’era idea di cosa fare. Oggi abbiamo la soluzione, che è arrivata non solo dalla genomica, ma appunto dalla possibilità di realizzare ai raggi X le strutture delle molecole”.

Il virus, spiega lo scienziato, “ha una proteina sulla superficie, una sorta di ‘macchina perfetta’ che cambia struttura quando trova la cellula, espone delle parti oleose che entrano nella membrana della cellula e tira dentro il virus”. Agisce quasi come una pianta carnivora. Il problema contro cui si sono scontrati anni di ricerca è che “questa proteina non è stabile, dunque non si riesce a bloccarla nella forma che poi si può colpire con anticorpi monoclonali alla base di un vaccino”.

Un problema risolto appena qualche mese fa grazie a un’intuizione geniale: “Abbiamo realizzato la struttura ai raggi X della proteina – prosegue Rappuoli –, diventata possibile isolando un anticorpo monoclonale da una persona in convalescenza, in grado di riconoscere la struttura giusta della proteina e di bloccarla”. A questo punto, “intervenendo su due amminoacidi, è stato creato un ponte di solfuro che blocca la proteina nella struttura” necessaria per essere colpita da un vaccino. “Questo dà l’idea di come, grazie a le nuove tecnologie con cui si va a lavorare sulla molecola, si riesca a ottenere risultati prima impossibili”.

Una storia simile a quella del vaccino contro il meningococco B, reso possibile grazie alla prima rivoluzione vissuta in questo campo, l’era delle genomica. “A metà anni Novanta – ricorda Rappuoli – volevamo sviluppare un vaccino contro il meningococco B, ma eravamo abbastanza disperati. Tutti quelli che ci provavano da circa 30 anni avevano fallito, compresi noi. Continuavamo a sbattere la testa contro il muro, finché non è arrivata la pubblicazione del genoma di un batterio da parte di Craig Venter. Era la prima volta in assoluto nella storia che accadeva per un organismo vivente”. Fu la svolta.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaKronos

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