Dopo il recentissimo articolo di NurseTimes, sulla questione dell’inquadramento degli infermieri militari e sulla mancata equiparazione degli stessi agli infermieri civili, la Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi comunica di aver inviato una richiesta ufficiale al ministero della Salute, Interni e Difesa per avviare il tavolo tecnico di confronto per risolvere differenze e sperequazioni tra gli oltre 280mila professionisti dipendenti del Servizio sanitario nazionale e i circa 1500-2000 con le stellette.
«Prima della pausa estiva – come si evince dal comunicato pubblicato sul sito istituzionale della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi – il ministero della Salute ha concordato con la Federazione di trasmettere la richiesta alle direzioni generali competenti degli altri dicasteri: l’attivazione del tavolo tecnico assume, ora, un profilo di maggiore urgenza, viste le numerose ipotesi di convenzione tra infermieri militari e Regioni, perché questi collaborino con le strutture del Ssn e si integrino in caso di necessità.
Ultima proposta in questo senso, quella, vicina alla conclusione, tra lo stesso ministero della Difesa, Roberta Pinotti e il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini: una prova di integrazione tra medici e infermieri militari e strutture del Ssn che, se funzionerà, sarebbe intenzione di ministero e Regione mantenere a regime.
Idea che tuttavia rischia di perdersi sulla stessa strada percorsa dagli accordi “dual use” stipulati ad agosto 2013 dall’Ammiraglio Andrea Toscano, comandante del Dipartimento militare marittimo dell’Alto Tirreno e Gianfranco Conzi, direttore generale dell’Asl 5 di La Spezia nell’ambito di un progetto di scambio reciproco di professionalità per il miglioramento dell’erogazione di servizi sanitari a favore del personale militare e della popolazione civile.
Gli accordi sono falliti perché gli infermieri militari non essendo tutti iscritti ai Collegi come prescrive la legge non possono operare al di fuori delle strutture militari. Problema che tuttavia non riguarda i medici con le stellette: questi, pur essendo alle dipendenze dell’amministrazione militare, possono liberamente esercitare la professione anche fuori dalle mura delle caserme e sono regolarmente iscritti all’Ordine professionale come i loro colleghi dipendenti del Ssn.
Perché l’integrazione e la collaborazione siano possibili quindi, scrive l’Ipasvi ai ministeri, è necessario cambiare alcune regole, applicare leggi dello Stato che, per gli infermieri militari, sembrano non avere lo stesso valore di quello dato alle altre professioni intellettuali e, soprattutto, mettere i professionisti sullo stesso piano, ovunque questi lavorino.
Attualmente infatti, sottolinea l’Ipasvi, gli infermieri delle Forze armate e quelli della Polizia di Stato sono discriminati rispetto ai colleghi dipendenti del Servizio sanitario nazionale per la non applicazione alle loro situazioni occupazionali delle leggi più favorevoli approvate negli ultimi quindici anni per gli infermieri dipendenti della pubblica amministrazione. Per questo sono penalizzati sia rispetto al valore del loro titolo di laurea che nelle amministrazioni attuali di appartenenza non consente progressioni di carriera come quelle dei colleghi del Ssn (né come quelle dei medici militari), sia per quanto riguarda diritti e dei doveri, tra cui non ultimo quello dell’aggiornamento continuo, che derivano dall’iscrizione, prevista per legge, per l’esercizio della professione, all’albo nazionale.
L’Ipasvi fa notare che relativamente all’iscrizione all’albo professionale e allo specifico ambito professionale dell’infermiere, appare evidente la mancata applicazione delle disposizioni previste da ultimo dalla legge 43/2006. Ma non solo: la mancata iscrizione fa venir meno uno dei requisiti previsti per legge per esercitare l’attività infermieristica tout court. Inoltre – come anche affermato in una nota della direzione generale delle professioni sanitarie del ministero della Salute – anche il diverso inquadramento funzionale degli infermieri militari nei differenti ruoli (vice revisore tecnico nella Polizia di Stato e sottufficiale nell’Esercito), come evidenziato dalla Federazione Ipasvi, richiederebbe una necessaria armonizzazione.
Così la situazione attuale si rischia anche “di configurare l’attività di questi infermieri nel momento in cui dovesse essere svolta al di fuori delle amministrazioni militari di appartenenza – spiega la presidente Ipasvi Barbara Mangiacavalli – a favore della popolazione civile, quale esercizio abusivo della professione. Una rischio che professionisti che hanno seguito lo stesso iter formativo dei loro colleghi del Ssn e che dimostrano lo stesso valore professionale sul campo, non devono correre. E’ per questo che la Federazione si è attivata per la tutela dei loro diritti e della loro professionalità. Ed è per questo che chiediamo un confronto immediato sia tecnico che politico, prima che a metà ottobre l’avvio dell’iter della legge di stabilità paralizzi l’attività parlamentare e del Governo, con Salute, Difesa e Interni”.
“In questo senso e per sottolineare l’importanza e la delicatezza del problema – conclude Mangiacavalli – la Federazione Ipasvi sta predisponendo per la prossima primavera una giornata di studio da dedicare agli infermieri ‘con le stellette’, perché si possano confrontare le realtà professionali e occupazionali dei professionisti e perché possa essere definita per la prima volta una strada comune da percorrere a fianco dei colleghi dipendenti del Ssn”.»
Immediato il comunicato di Luca Marco Comellini, Segretario del Partito dei diritti dei militari e delle forze di Polizia (PDM), il quale, a seguito di quanto riportato sul sito istituzionale della Federazione, ribadisce la legittimità della richiesta ai Ministri Pinotti (Difesa) e Alfano (Interni) di avviare il tavolo tecnico di confronto per risolvere differenze e sperequazioni tra i professionisti sanitari.
«Pur essendo fermamente convinto della necessità di rivedere radicalmente le norme istitutive degli Albi professionali anche nell’ottica di una più ampia e concreta riforma della PA – afferma Comellini – sono altrettanto convinto della urgente necessità di legalità e quindi dell’obbligo dei Ministri interessati di far rispettare la vigente normativa che prevede l’iscrizione all’IPASVI anche del personale militare e delle forze di polizia che nell’ambito della Difesa e del Ministero dell’interno esercita le professioni infermieristiche.
Le recenti e numerose esperienze di impiego del personale militare nelle strutture del servizio sanitario nazionale, che ci auguriamo possano realmente svilupparsi su tutto il territorio perché rappresentano un importante servizio per la collettività e un intelligente mezzo per addestrare e mantenere elevata la professionalità degli operatori, ci impongono di seguire con la massima attenzione che le vigenti normative siano correttamente applicate e osservate da tutte le parti in causa nell’interesse dello Stato e della salute dei cittadini. Per questo motivo continueremo a vigilare, come abbiamo sempre fatto e a denunciare ogni eventuale violazione.»
NurseTimes si impegna a seguire gli sviluppi della vicenda e ribadisce il proprio sostegno agli infermieri militari e della polizia.
Fonti: Ipasvi, Partito per la tutela dei diritti dei militari e delle forze di polizia (PDM)
Giuseppe Papagni
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