Per dispotismo illuminato, anche detto assolutismo illuminato o riformatore, si intende una tipologia di governo monarchico nella quale il sovrano attuava una serie di riforme ispirate alla cultura illuminista: la sua opera era quindi indirizzata a far trionfare i principi della ragione. L’espressione riassume l’insieme delle politiche di alcuni sovrani settecenteschi volte a riformare la macchina dello Stato per creare una maggiore efficienza politica, economica e benessere generale, con la finalità di andare a preservare e conservare il proprio potere sovrano assoluto. Tali sovrani (Caterina II, Giuseppe II, Federico II) vennero sovente consigliati da pensatori illuministi nell’esplicare la propria azione. L’assolutismo illuminato ebbe l’indiscusso merito di promuovere riforme economiche, sociali e politiche al fine di rendere migliore lo stato. Per esempio, Federico II abolì la servitù della gleba, Carlo III effettuò miglioramenti nell’agricoltura, Caterina la Grande attuò riforme legali e scolastiche mentre Giuseppe II introdusse la tolleranza religiosa.
Con il termine nepotismo si indica la tendenza, da parte di detentori di autorità o di particolari poteri, a favorire i propri parenti a causa della loro relazione familiare e indipendentemente dalle loro reali abilità e competenze. Il termine deriva dalla parola latina nepos, significa “nipote”.
Dopo le inchieste giornalistiche, le indagini dei pm e i processi, ora arriva la conferma scientifica che i nostri atenei sono inquinati dalla piaga del nepotismo. La prova viene fornita da un approfondito studio statistico, condotto da Stefano Allesina, cervello in fuga dall’Italia ora ricercatore all’università di Chicago, con cui è stata analizzata la ricorrenza dei cognomi nelle università italiane.
Per misurare la diffusione reale del fenomeno nell’accademia italiana, Allesina ha utilizzato un database di pubblico dominio creato dal Ministero dell’Istruzione (Cineca), contenente nomi e cognomi di oltre 61.000 professori e ricercatori occupati in 84 sedi universitarie.
Allesina ha condotto una semplice analisi di frequenza sui cognomi presenti nel database. Più di 27.000 cognomi distinti appaiono almeno una volta, e la ricerca ha voluto rilevare se particolari cognomi ricorressero più spesso di quanto atteso in un dato settore. Per questo Allesina ha creato un programma che esegue un milione di estrazioni casuali per scoprire la probabilità di ottenere il numero di cognomi riscontrato nei dati reali. Per fare un esempio: fra i 10.783 accademici in Medicina sono stati rilevati 7.471 cognomi distinti. D’altro canto, in un milione di estrazioni casuali dal pool completo dei cognomi, il programma di Allesina non ha mai ottenuto meno di 7.471 cognomi distinti: una frequenza così bassa suggerisce l’esistenza di pratiche di assunzione nepotistiche. Il calcolo è stato ripetuto per ventotto settori disciplinari e la più alta probabilità di nepotismo è emersa per Ingegneria industriale, Legge, Medicina, Geografia e Pedagogia.
All’altra estremità troviamo i campi con distribuzioni di nomi più vicine a quelle casuali – e perciò con la più bassa probabilità di nepotismo: linguistica, demografia e psicologia.
In un esperimento successivo, Allesina ha esaminato la distribuzione geografica del nepotismo in Italia. Con questo modello, ha testato la probabilità di avere lo stesso cognome di un altro professore nello stesso settore disciplinare e osservato come i valori ottenuti varino da Nord a Sud. È pur vero che il modello ha riscontrato un accentuato gradiente Nord-Sud, con la probabilità di nepotismo che aumenta andando verso Sud, per culminare nelle isole. È però altrettanto evidente che nella parte alta della classifica ci sono prestigiose università del Nord: Modena e Reggio Emilia (15° posto), Parma (23°), San Raffaele di Milano (25°), Genova (29°), seguite immediatamente da Ferrara e Pavia.
A conferma del rigore con cui è stata condotta la ricerca – non a caso finanziata dalla National Science Foundation – va sottolineato come Allesina non abbia tenuto conto dei cognomi più comuni, come ad esempio Rossi, Bianchi, Russo, Ferrari, Romano.
Per i figli è certamente vantaggioso, soprattutto in un Paese ingessato come l’Italia, seguire le orme dei genitori. Come ricorda Allesina «il termine human-capital tranfer descrive l’insieme di conoscenze, relazioni personali, attitudini e passioni che si trasferiscono da una generazione all’altra; in molti casi, i figli saranno naturalmente portati a scegliere la carriera dei genitori». La domanda che bisogna porsi è: ma devono proprio seguirli nella medesima università o addirittura nello stesso dipartimento?
La riforma Gelmini, forse non a caso osteggiata con forza dal baronato delle università nostrane, ha alcune pecche ma almeno si pone anche l’obiettivo di combattere il nepotismo dilagante. Sarà curioso, come suggerisce lo stesso Allesina, ripetere l’esercizio tra cinque-dieci anni per verificare se la riforma ha funzionato o se le incrostazioni nepotistiche avranno invece avuto la meglio. Esempio pratico per capire il calcolo della frequenza. Prendiamo il caso dell’Università di Modena e Reggio Emilia:
– Numero di professori (856)
– Numero di possibili coppie. Questo è un numero molto alto (approssimativamente numero di professori al quadrato diviso 2).
Infatti, per quattro professori (A B C D) abbiamo 6 coppie: AB, AC, AD, BC, BD, CD. Per 10 professori ci sono 45 coppie e così via.
– Tra tutte le coppie (365.940), in 182 casi i professori hanno lo stesso cognome (es. il professore A ha lo stesso cognome del professore D).
– La frequenza si ottiene dunque così: 182/365940=0.0004973
Le 9 discipline con più elevato grado di nepotismo
1. Ingegneria industriale
2. Legge
3. Medicina
4. Geografia
5. Pedagogia
6. Agricoltura
7. Ingegneria civile
8. Matematica
9. Chimica
E il peggio è che in questi nove settori sono attivi ben 32.000 ricercatori, ovvero il 52,17 per cento della nostra forza lavoro universitaria. Per di più, alcune di queste discipline sono davvero importanti, perché hanno un impatto notevole sul benessere e sullo sviluppo dell’intera società.
Giuseppe PAPAGNI
Sitografia e Bibliografia:
ipercorsidellastoria.altervista.org
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