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La salute cambia se anche gli infermieri cambiano

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L’Accademia Scienze Infermieristiche (ASI) in occasione del Convegno tenutosi il giorno 8 Giugno a Milano dal titolo “Il bisogno di salute nella società che cambia” ha offerto molteplici spunti di riflessione  partendo dalla radice stessa della nostra natura professionale.

Un viaggio per nulla scontato dentro l’antropologia professionale ma anche dentro il vissuto di chi si appresta ad intraprendere una professione di aiuto dove il tecnicismo spesso oscura una competenza ben più complessa ed affascinante che è la relazione.

I relatori ci hanno accompagnato dentro le radici del nostro saper essere mentre la formazione ci orienta sempre di più verso un saper fare che non è più scindibile da un talento relazionale che non si insegna ma si coltiva dentro la scelta che un infermiere compie quando decide di essere un professionista della salute prima che della malattia.

L’idea stessa della malattia ci catapulta dentro meccanismi perversi che promuovono gesti, linee guida, modelli di cura che sembrano pensati per promuovere esattamente tutto ciò, la malattia.

L’ospedale fagocita tutti, pazienti e infermieri, li rende complici di percorsi che non salvaguardano l’Uomo ma solo la sua salute che diventa il simulacro di ogni gesto compiuto e quindi autorizzato.

Uscire da queste dinamiche non è semplice, soprattutto come chi da studente si avvicina alla professione.

L’ospedale è il punto di arrivo, è il teatro dove ogni giorno pazienti ed infermieri vanno in scena con lo stesso copione, è il luogo dove imparare.

Imparare ad uscirne, vivi possibilmente, ma anche consapevoli che il vero setting di cura per la salute è fuori dall’asetticità di un posto che ricovera ma non accoglie.

Fuori c’è il territorio e le sue caratteristiche dispersive forse ma più a misura di quell’Uomo che cerca la sua salute e la cerca fuori da un letto elettrico telecomandato.

La casa come ritorno, come partenza, come riconquista di una dignità di cura che è già una terapia tra tante.

E l’infermiere come curatore di questo diritto, come persona che si allea a quell’Uomo che riconosce come simile ma anche come fragile e quindi esposto ad altre cure che non salvano, non guariscono, non arrivano ad abbracciare quel bisogno comune di essere considerati ne malati ne sani, semplicemente persone in difficoltà.

Lo siamo tutti prima o poi e solo imparando a scendere nei nostri abissi riusciremo ad offrire un salvagente a chi crede di non saper stare a galla.

Nessuno si salva da solo.

E noi infermieri dovremmo fare corsi di salvataggio bagnanti.

Perchè il BLS è obbligatorio ma soccorrere con le parole deve diventare un obbligo formativo.

Laura Binello – Infermiera di famiglia

Studio Auxilium Infermieri Associati – sede di Asti

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