Come ci vedono i pazienti? Una domanda che spesso ci facciamo ma per paura o per pigrizia non cerchiamo le risposte
Possiamo raggruppare le risposte derivate da diversi studi condotti in pazienti di diverse associazioni e quindi con diverse patologie (associazione italiana Malattia di Alzheimer, Aisla onlus, associazione Toscana Paraplegici) [1] in cinque item:
1) FORMAZIONE
I pazienti riconoscono che siamo “formati” ma vorrebbero una formazione più specialistica, rispondente ai loro bisogni; c’è molta variabilità tra la formazione dei diversi professionisti dovuta alla maturità professionale e al titolo di studio.
I pazienti sanno che ci hanno insegnato le modalità di relazione, che cosa significa una relazione d’aiuto...ma credono che alla fine noi siamo concentrati solo sulla somministrazione della terapia.
2) FLESSIBILITA’ E PERSONALIZZAZIONE
Sono due caratteristiche ritenute essenziali dai pazienti quando descrivono l’immagine dell’infermiere.
Infatti quando i pazienti hanno incontrato infermieri poco flessibili si sono sentiti trattati in maniera non umana e hanno avuto atteggiamenti di distacco, di dissenso e incomprensioni col personale infermieristico.
3) ORGANIZZAZIONE
L’organizzazione può influire il modo in cui assistiamo il paziente, spesso i pazienti percepiscono che l’infermiere è più concentrato all’aspetto burocratico che ad assistere clinicamente l’ammalato.
4) MATURITA’ PROFESSIONALE
I pazienti percepiscono la nostra esperienza professionale, dal modo in cui l’infermiere parla col paziente, dal modo in cui lo rassicura, dal semplice tocco terapeutico.
I giovani infermieri invece possono essere più preparati dal punto di vista teorico, ma i pazienti si sentono comunque più rassicurati da un infermiere “anziano”.
Alcuni pazienti inoltre ritengono che gli infermieri di 10-20 anni fa anche se erano giovani e appena diplomati, erano molto più prestanti, molto più precisi e con più voglia di imparare e di assistere il paziente, forse perché c’era più tempo da dedicare al paziente e meno alla burocrazia.
Un altro aspetto che sottolineano i pazienti, è che l’infermiere anziano ha più coraggio di parlare col medico per far valere le ragioni dei pazienti o anche le proprie ragioni su determinate questioni cliniche o per una richiesta del paziente, invece gli infermieri giovani sono sempre più timidi e tendono a sottomettersi al medico.
5) RELAZIONE
Per ultimo ma non meno importante è la relazione col paziente. I pazienti ritengono che non abbiamo abbastanza tempo da dedicar loro, che siamo sempre di fretta e che rimandiamo le loro richieste a un tempo successivo.
I pazienti si sentono spesso sottovalutati dagli infermieri soprattutto quando dicono “Ho cose più importanti adesso da fare… verrò dopo”.
Una mancanza di relazione che emerge anche da altri studi è quando c’è incomprensione sul far rispettare le regole ospedaliere ai parenti dei degenti.
Infatti quando il paziente vede mandar via i propri parenti o perché non è l’orario di visita o perché dobbiamo fare necessariamente delle prestazioni clinico-assistenziali al paziente o al vicino di letto, da quel momento perdiamo la simpatia del paziente, veniamo giudicati rigidi, cattivi, non comprensibili etc.. non sempre però si può accontentare il paziente. [2]
Le etichette più diffuse che i pazienti danno agli infermieri sono:
- Non c’è più la persona al centro dell’assistenza ma l’organizzazione e il management;
- Gli infermieri migliori sono quelli che conoscono la patologia (bisogni specifici);
- Gli stessi infermieri non sono sufficientemente formati per la patologia (bisogni specifici);
- Gli infermieri spesso applicano la medesima assistenza a tutti i pazienti senza un piano assistenziale individuale (PAI).
Questi temi non definiscono una figura di infermiere uniforme, ma ne raffigurano i profili che hanno avuto particolare impatto sulle persone assistite.
Da questi studi emerge che gli infermieri dovrebbero concentrarsi sui piani:
- formativo (maggiore specializzazione);
- organizzativo (più flessibilità);
- professionale (riflessione sull’identità professionale in funzione del soddisfacimento dei bisogni dei pazienti). [3]
In uno studio condotto presso la Terapia Intensiva Post-operatoria di Cardiochirurgia dell’Ospedale Federico II di Napoli, è emerso che [4]:
- I pazienti si sono ricreduti sul nostro ruolo; alcuni pensavano che la figura dell’infermiere fosse uguale a quella che aveva negli anni ‘70, mentre adesso si sono accorti che il medico e l’infermiere collaborano nel prendere le decisioni.
- I pazienti riferiscono che siamo bravi professionisti ma troppo tecnici. Concentrati di più sulle apparecchiature che ad ascoltare le loro richieste. Ci facciamo incantare dalle macchine piuttosto che dagli occhi dei malati. Questo porta quindi a una deresponsabilizzazione dell’assistenza.
- I pazienti ci vedono, vedono che siamo sempre gli stessi; il fatto che c’è carenza di personale e che facciamo turni stressanti viene percepito. Infatti ritengono che diamo un’assistenza preconfezionata (si deve fare così e poi così…non ci focalizziamo sulla personalizzazione dell’assistenza).
- Non diamo informazioni dettagliate su quello che succederà dopo il periodo di degenza, quindi non facciamo un’accurata educazione sanitaria. Infatti i pazienti non si sentono sicuri quando vengono dimessi perché le informazioni che ricevono sono frammentarie, poco chiare e frammentarie.
Questo articolo ha proprio l’obiettivo di migliorare ognuno di noi su quegli aspetti che tendiamo a sottovalutare ma che vengono percepiti dai pazienti, e portano a una mancanza della presa in carico del paziente nella sua totalità.
Linda Alberti
Bibliografia
[1] file:///C:/Users/Linda/Downloads/Presentazione_Risultati_14_mag_2014_IPASVIGR.pdf
[2] Perchè medici e infermieri sono scortesi al di fuori degli orari di visita? Di Dr.Emanuele Caldarella www.medicitalia.it
[3] Prof Inferm. 2015 Jul-Sep;68(3):175-85. doi: 10.7429/pi.2015.6804175. Nurses as seen by patients: a phenomenological study. Nannelli T1, Calamassi D2, Ciucciarelli A3, Comerci S4, Fadanelli M5, Fanfani C6, Favero G7, Galli R8, Giovannoni L9, Innocenti L10, Orsi M11, Brunetti G12. www.ncbi.nlm.nih.gov
[4] L’infermiere visto dai degenti di una terapia intensiva post-operatoria cardiochirurgica di Silvio Simeone (1), Marco Perrone (2), Grazia Dell’Angelo (3), Carlo Vosa (4) www.ipasvi.it
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