Sempre più drammatica la situazione che operatori sanitari e degenti sono costretti a vivere quotidianamente nell’ospedale San Martino. Ma per la direzione è tutto sotto controllo.
Infermieri e operatori sociosanitari assenti per svariati motivi e non regolarmente sostituiti dalla dirigenza ospedaliera, mentre i pazienti in attesa al pronto soccorso sono costretti ad attendere per ore prima di essere visitati da un medico. Accade all’ospedale San Martino di Genova.
«Oltre settanta infermieri e una decina di operatori sanitari malati. E sto parlando di chi stamattina ha comunicato che non sarebbe venuto a lavorare. Mai visto una cosa del genere: più del doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso». Ma per il direttore delle professioni sanitarie del San Martino, Bruno Cavaliere, la situazione non appare così drammatica. Grazie a strategie oculate l’emergenza sarebbe stata gestita al meglio: «Assenze strategiche, furbetti del giorno dopo e malati veri? Conta poco, speriamo di resistere e che i certificati di malattia siano per pochi giorni».
Una pioggia di ordini di servizio avrebbe garantito la copertura dei turni nelle varie unità operative: oltre 40 infermieri hanno prolungato il loro orario di servizio e molti di loro hanno dovuto fare un doppio turno. «In altri casi abbiamo lasciato i reparti con uno o due infermieri in meno, ma il servizio è sempre stato garantito», prosegue Cavaliere.
Le ultime giornate del pronto soccorso del San Martino sono state davvero infernali: centinaia di accessi e almeno 30 barelle in corridoio nei reparti di medicina e chirurgia di urgenza. «Eppure i letti ci sono – denuncia un medico -, ma da anni passano ore, a volte anche quattro, prima che una persona sia portata al monoblocco o anche solo in neurologia, che è nel padiglione accanto».
Codici verdi in attesa di prima visita da 20 ore e codici gialli visitati dopo oltre 11 ore di attesa. Questa è la situazione riscontrata nella giornata del 26 dicembre. Appare comprensibile come molti pazienti e famigliari possano perdere la pazienza, dovendo attendere senza acqua né cibo per tempi biblici.
Ma quale dovrebbe essere la soluzione alla situazione disastrosa che è possibile riscontrare in molti DEA italiani? Le proposte ricevute dai colleghi che operano in prima linea sono state molteplici: alcuni vorrebbero un maggiore impegno da parte dei medici curanti, altri suggeriscono il See&Treat o l’assunzione di più personale. Considerata la situazione attuale del Servizio sanitario nazionale, porre rimedio a problemi simili appare davvero proibitivo.
Simone Gussoni
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