La Federazione nazionale ha inviato una lettera per chiedere chiarimenti sulle dichiarazioni rilasciate durante la trasmissione radiofonica Matrix. Riceviamo e pubblichiamo.
Gentile dott. Sgarbi,
nella trasmissione radiofonica Matrix, andata in onda su Radio 105 il 29 gennaio scorso, Lei ha attaccato l’on. Di Maio, sottolineando che “al massimo può fare l’infermiere”.
Ci stupisce che una persona della Sua cultura non conosca il qualificato percorso universitario di studi che assegna agli infermieri la responsabilità di prendersi cura delle persone con cui hanno un rapporto privilegiato di fiducia. Per questo le scriviamo, perché non possiamo permettere che tale rapporto venga minato da affermazioni che un attento osservatore dei fenomeni sociali come Lei non dovrebbe fare.
Recentemente una ricerca Censis ha messo in evidenza che gli italiani apprezzano gli infermieri: l’84,7% dei cittadini dichiara di fidarsi di loro. E sono soprattutto gli ultrasessantacinquenni (90,01%), le famiglie con ultrasessantenni (84,7%), le famiglie con minori (82%): tutti quelli, cioè, che presentano le maggiori fragilità.
Si fidano e si affidano agli infermieri soprattutto quando fuori dall’ospedale hanno bisogno di assistenza, e l’infermiere è attualmente l’unica figura che li assiste h24 con competenza e professionalità legate al suo curriculum di studi e riconosciuta anche – se non soprattutto – a livello internazionale.
In quanto Comitato centrale, organo rappresentativo e dirigente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche , quindi, nel nostro compito di tutela della professione e dei professionisti che ne fanno parte, Le chiediamo di rettificare e chiarire quanto da Lei affermato.
Questo anche perche una diminutio implicita, dichiarata da un personaggio della Sua levatura e autorevolezza, potrebbe portare a gravi ripercussioni proprio nel rapporto tra infermieri e cittadini, basato sulla fiducia che consente di “prendersi cura” delle persone, le quali potrebbero avere un cattivo ritorno di immagine rispetto a chi, nel momento del loro bisogno primario di salute, fa tutto ciò che la scienza mette a disposizione e che la deontologia insegna nel rispetto di chi soffre per aiutarlo a risolverne, se possibile, o quantomeno ad alleviarne le sofferenze.
È grave ridurre all’immagine data una categoria di professionisti che opera ogni giorno nell’interesse primario dei cittadini. Siamo certi della Sua comprensione e del fatto che, ripetiamo, da una persona della Sua cultura non può venire un attacco simile a oltre 440mila professionisti, e attendiamo con tutti gli infermieri italiani un Suo chiarimento che possa dipanare le nubi della cattiva immagine che fanno ombra alla nostra categoria.
Il Comitato centrale della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi
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