Un numero crescente di Infermieri italiani è spinto ad abbandonare il Bel Paese per cercare fortuna all’estero
Il Regno Unito rappresenta per molti l’opportunità di trovare velocemente un lavoro sicuro e sicuramente meglio retribuito rispetto a quanto non accadrebbe in Italia.
La redazione di Nurse Times ha intervistato un collega che ha raggiunto traguardi professionali inimmaginabili.
Riportiamo di seguito l’intervista rilasciata dal dott. Alberto Barea.
Dopo essersi trasferito oltremanica, ha intrapreso una brillante carriera fino a diventare Lead Clinical Nurse Specialist.
Per quale motivo ha deciso di trasferirsi nel Regno Unito?
Sono sempre stato molto affascinato dall’estero e da altre culture, mi ritengo una persona abbastanza curiosa. E poi noi italiani abbiamo sempre l’idea che l’erba sia più verde al di fuori dei nostri confini.
In ogni modo, già da studente universitario ero al corrente di quanto più avanzata fosse la professione infermieristica nei paesi anglosassoni.
Inizialmente volevo fare un’esperienza lavorativa in Irlanda e valutare l’opzione di trasferirmi in Australia, però poi, per una lunga serie di motivi, sono finito a Londra nel 2007.
Quale è il suo background infermieristico?
Mi sono laureato all’Università Padova nel 2003, poi fondamentalmente ho lavorato come infermiere presso il servizio di Pronto Soccorso e 118 all’ospedale di Castelfranco Veneto nella provincia di Treviso fino al 2007.
Può descrivere il proprio percorso professionale oltremanica?
Dopo essermi trasferito in UK ho lavorato come “Agency Nurse” (freelance) di pronto soccorso in diversi ospedali della capitale.
Nel 2009 mi trasferii all’Aia, in Olanda, dove ho lavorato per un anno all’International Health Centre come Practice Nurse in una clinica per i dipendenti delle istituzioni internazionali residenti all’Aia.
Nel 2010 tornai a Londra dove mi offrirono un posto come Dermatology Staff Nurse al St George’s Hospital.
Da lì ho progredito dal punto di vista sia della formazione che professionale raggiungendo il ruolo di Clinical Nurse Specialist in dermatologia.
Dal 2016 mi sono trasferito al Kingston Hospital dove tutt’ora svolgo il ruolo di Lead Clinical Nurse Specialist (Direttore Specialista Clinico Infermiere) in chirurgia plastica e dermatologia. Sono anche ricercatore nel campo della dermatologia e Principal Investigator in due studi sulla psoriasi.
Quali attestati ha conseguito e in quale modo?
Da quando ho messo piede in Dermatologia ho costantemente partecipato a diversi corsi professionali, alcuni organizzati da case farmaceutiche, altri da enti professionali come il British Dermatology Nursing Group. I corsi ed attestati erano inerenti alle specifiche attività del mio settore.
Dal punto di vista accademico, tra i vari corsi ho conseguito 5 master a carattere clinico, manageriale e ricerca scientifica. La maggior parte dei corsi sono stati sponsorizzati dall’ospedale.
Grazie a uno di questi master sono riconosciuto come “Independent non-medical prescriber”, ovvero abilitato a prescrivere farmaci nel mio ambito professionale.
In questo momento una commissione sta valutando i miei crediti per il raggiungimento della laurea specialistica in dermatologia.
Quale competenze specialistiche ha acquisito e come?
Grazie alla mia formazione, soprattutto quella accademica, svolgo la mia attività professionale in completa autonomia e in collaborazione con il personale medico che non mi supervisiona ma provvede supporto se necessario.
Sono abilitato ad effettuare esame fisico a carattere diagnostico ai pazienti con patologie croniche (eczema, acne, psoriasi) o con lesioni cutanee (melanoma, basalioma…).
Gestisco pazienti in terapia sistemica immunosoppressiva e biologica.
Effettuo chirurgia dermatologica minore (biopsie, rimozione di tumori cutanei) e, sotto la supervisione del chirurgo plastico, utilizzo tecniche di ricostruzione avanzata quali skin graft e skin flap.
Seguo pazienti pediatrici con eczema cronico acuto e svolgo attività di educazione nell’utilizzo della terapia topica.
Gestisco il trattamento di lesioni cutanee con procedure chirurgiche o non invasive quali la crioterapia, terapia fotodinamica o immunomodulator.
Come ho prima accennato posso prescrivere farmaci, ma solo all’interno del campo dermatologico.
Infine, anche se questo esula dalla mia attività nell’NHS, ho la qualifica per somministrare botulino e acido ialuronico per trattamenti estetici.
Come descriverebbe una sua giornata lavorativa tipo?
Attualmente gestisco 4 aree principali: chirurgica dermatologica; diagnosi e trattamento di lesioni cutanee pre-oncologiche; gestione dei pazienti con psoriasi grave e ricerca sulla psoriasi; Trattamento e gestione di pazienti pediatrici con eczema grave cronico.
Dal punto di vista chirurgico, ho cica 5 sedute operatorie alla settimana per un totale di 140 pazienti al mese. Una volta alla settimana opero in Day Surgery sotto la supervisione del primario di chirurgia plastica dato che sto facendo un training in ricostruzione avanzata che spero di terminare entro il prossimo anno.
Insieme ad una mia collega che ha lo stesso titolo, il nostro ospedale è il primo in UK (e forse il primo al mondo…?) dove il trattamento dei pazienti con psoriasi grave è completamente sotto la gestione autonoma degli infermieri specialisti supportati dal primario di dermatologia nei casi più complessi. Attualmente abbiamo circa 150 pazienti sotto terapia biologica immunosoppressiva.
I nostri appuntamenti durano 30 minuti anziché 15 in modo da offrire un approccio olistico ed assistere il paziente a 360 gradi senza focalizzare unicamente al problema della pelle.
Durante le nostre visite abbiamo 2 assistenti ricercatori con noi che raccolgono dati per diversi studi che stiamo svolgendo.
Io e la mia collega siamo i primi Principal Investigator (direttori del progetto di ricerca) infermieri che fanno parte del consorzio nazionale sulla ricerca dermatologica.
Nel 2015 e 2017 i nostri pazienti hanno contribuito ad un audit sul nostro operato, nel recente questionario il feedback ottenuto è estremamente positivo per quasi il 90% dei partecipanti, il rimanente ha dichiarato positivo.
Nessun partecipante all’audit ha espresso commenti negativi e l’apprezzamento espresso maggiormente si identifica nel tempo dedicato all’ascolto del paziente, la facile comunicazione con l’infermiere, l’approccio olistico e l’efficacia delle cure prescritte.
Come reputa il trattamento economico percepito attualmente nel Regno Unito?
Non posso paragonare il trattamento economico perché il mio ruolo attuale in Italia non esiste. In Italia esiste solo l’infermiere “professionale”, il capo dipartimento (caposala) ed il direttore Infermieristico.
In UK invece ci sono diverse fasce professionali ed economiche (band 5-6-7-8a-8b-8c). L’infermere italiano equivale al band 5. Dato il costo della vita molto elevato a Londra, lo stipendio é forse migliore in Italia, però al di fuori di Londra sono un po’ più simili.
Quando ci si specializza però si passa ad una fascia professionale superiore e la retribuzione economica comincia a migliorare.
In poco più di 10 anni, Alberto Barea ha raggiunto traguardi inimmaginabili in Italia dal punto di vista professionale.
Nonostante i molti problemi esistenti anche nel Regno Unito, la situazione sembrerebbe decisamente migliore.
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