Riceviamo e pubblichiamo una nota di Giovanni Caminiti, segretario aziendale di presidio Uil-Fpl.
A proposito del Contratto collettivo del pubblico impiego appena rinnovato, superando questa assoluta strumentalizzazione, vorrei in qualche modo dare un contributo sostanziale analizzandone i punti salienti. Lo faccio sostanzialmente per responsabilità e onestà intellettuale, soprattutto nei confronti di chi ha riposto fiducia in in questi 20 anni di attività sindacale.
Inizio col fare chiarezza su questioni generali. È necessario scindere le due attività politiche, quella del Governo e quella del sindacato. Esse hanno due aree di competenza ben distinte. Il Governo è eletto democraticamente dal popolo e assume compiti istituzionali, mentre il sindacato è eletto democraticamente dai lavoratori, interviene in materia di tutela del lavoratore e del lavoro.
Dopo una crisi di governo, i fondi erano e sono estremamente scarsi. Ricordiamo la proposta di portare l’Iva al 25% e di uscire dal patto di stabilità. In quel preciso momento il DL n. 78, trasformato in legge n. 122 del 2010, ha bloccato tutti i contratti del pubblico impiego adottando la famigerata Legge “salva-Italia”. Fu il Governo Berlusconi, col ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, a decidere di “realizzare” con immediatezza il contenimento della spesa pubblica, congelando ancora la contrattazione collettiva del lavoro. L’Italia stava attraversando un momento delicato: lo spread tra Btp e Bund tedeschi superava quota 550 punti. Il blocco contrattuale avrebbe dovuto riguardare il triennio 2011-2013, ma è stato prorogato dal governo di Enrico Letta e poi di Renzi fino al 31 dicembre 2015.
Il d.lgs n. 150, la cosiddetta legge Brunetta, inoltre, ha sottratto sostanzialmente molte materie contrattuali, impoverendo il potere di contrattazione sindacale, relegandolo alla sola fase di informazione ed eventualmente di concertazione. Esso ha soppresso la progressione verticale e ha previsto un sistema premiante a dir poco aberrante, dove aprioristicamente il 25% dei lavoratori non dovevano percepire neanche un euro di produttività. Successivamente il Governo Renzi, in maniera spudorata, ha cercato di cancellarci, dimezzando aspettative e permessi sindacali e non solo. Ha inoltre modificato in maniera unilaterale importanti istituti contrattuali, come, ad esempio, la mobilità.
Tutto ciò si tradusse in quel blocco contrattuale, definito da molti “anticostituzionale”. Successivamente, con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014, si restituì ai lavoratori pubblici la dignità del proprio lavoro. Da qui partirono le tante e difficoltose negoziazioni per il rinnovo contrattuale. Innumerevoli si susseguono gli scioperi, le manifestazioni, le agitazioni, indette dalle Confederazioni Cgil, Cisl e Uil.
La perseveranza della nostra organizzazione sindacale, grazie alla tenacia del nostro segretario generale Uil, Carmelo Barbagallo, ha consentito con la stipula dell’Accordo quadro del 30/11/2016, firmato anche da Cgil e Cisl, di sbloccare i contratti di lavoro e di garantire la stabilizzazione del personale precario. Il d.lgs n. 75, cosiddetto Madia, emanato il 22 giugno 2017, è frutto di tale accordo, che ha permesso finalmente la stabilizzazione di numerosi precari sfruttati per anni dalla pubblica amministrazione, attraverso l’azione diretta ai sensi del comma 1 dell’art. 20, oppure attraverso la riserva del 50% dei posti disponibili. Tale d.lgs ha modificato in maniera sostanziale il d.lgs n. 101, cosiddetto D’Alia, che prevedeva la riserva del 50% dei posti vacanti a favore di chi possedeva 36 mesi di servizio anche non continuativi, svolti nella stessa regione, dal 30 ottobre 2008 al 30 ottobre 2013.
Aver firmato i contratti di lavoro delle autonomie locali e della sanità ha sbloccato la parte economica, mantenendo gli impegni assunti con l’Accordo quadro del 30 novembre 2016. Inoltre il contenuto normativo rappresenta la chiave di volta del sistema delle relazioni sindacali del settore pubblico, superando i vincoli imposti dal ministro Brunetta e dalla Legge finanziaria.
L’aver inserito nelle relazioni sindacali l’istituto delle informazioni, che deve essere sempre preventivo, ma anche l’istituto del confronto, rappresenta il lampo di genio che di fatto raggira la normativa legislativa, facendo rientrare a pieno titolo il sindacato per quel che riguarda tutti gli istituti dell’organizzazione del lavoro. L’ipotesi di Ccnl della Sanità non solo ha rafforzato le tutele nei confronti dei lavoratori, ma ha previsto alcuni istituti che ne valorizzano le professionalità, quali ad esempio quelli degli incarichi professionali e quelli degli esperti.
Per quanto riguarda l’aspetto economico, è stato fortemente criticato da alcune organizzazioni sindacali autonome che, in maniera pretestuosa, si sono allontanate dal tavolo negoziale e hanno deliberatamente evitato di siglare la pre-intesa, per poi fare sciacallaggio mediatico al fine di conquistare qualche voto in più nelle imminenti elezioni delle Rsu. Siamo certi che non poteva essere fatto di più, stanti le risorse finanziarie a disposizione e i vincoli di finanza pubblica. Ma loro dov’erano quando abbiamo siglato il patto del 30 novembre 2016, che precedeva aumenti contrattuali medi di 85 euro? Cosa hanno fatto per protestare?
Questo accordo è stato ritenuto da Cgil, Cisl e Uil il miglior compromesso possibile. Sottolineo che la Uil non è entusiasta degli aumenti che sono stati individuati, ma ha deciso responsabilmente di approvare la pre-intesa, guardando al futuro e al rilancio del nostro settore, che sino a ieri aveva subito anni di vessazione.
Mentre le sigle firmatarie hanno dimostrato grande senso di responsabilità, viste le mortificazioni ricevute in tutti questi anni e per le quali stavamo per uscire, le organizzazioni sindacali autonome hanno pensato bene di tirarsene fuori. Quello che appare alquanto bizzarro è che si sia voluto alzare un polverone a un mese dalle elezioni Rsu. Non vorrei essere ripetitivo, ma a mio avviso le proteste andavano fatte già nel 2016 o con l’ultima legge finanziaria, come abbiamo fatto noi.
Tra qualche mese si andrà alla ratifica di questa pre-intesa contrattuale 2016-18. Ritengo che i sindacati autonomi non in linea con le scelte effettuate, aderiranno ugualmente al contratto per non perdere, giustamente (o meno), i propri privilegi (permessi e distaccamento). Questo accordo, dunque, segue la traccia di tutti gli altri che lo hanno preceduto.
Si riscontra da subito un nuovo sistema di relazioni sindacali, superando la legge Brunetta, rafforzando la contrattazione decentrata, prevedendo forme di incremento accessoriali con l’accordo Stato-Regione. È necessario ricordare a tutti che si è partiti da un atto di indirizzo del comitato di settore molto, molto pesante, in termini non solo di mancato riconoscimento, ma di peggioramento. Infatti esso prevedeva (pericolo scongiurato dalla sottoscrizione):
- Abolizione della categoria DS
- Aumento del monte orario di lavoro del personale
- Deroga alla 11 ore di riposo rispetto alla normativa europea
Questo è un accordo che dà ampie garanzie e riconosce finalmente la professionalità dei lavoratori, tutti, sia delle professioni sanitarie sia del ruolo tecnico-amministrativo. La commissione paritetica avrà l’importante compito di creare la nuova classificazione del personale e di rivedere il sistema delle posizioni organizzative, che verosimilmente sarà disponibile tra qualche mese. Inoltre tale commissione avrà il compito di rivalutare le indennità di disagio, già da subito in contrattazione, con una percentuale prestabilita.
Dopo questa fase, sia aprirà la contrattazione decentrata sulle indennità della pronta disponibilità, richiedendo un aumento della quota percepita. Si contratterà sulle posizioni dell’operatore sanitario, sui masso-fisioterapisti, sugli autisti soccorritori, sul personale dell’ambiente e dell’Arpa e della ricerca scientifica. Inoltre si sono recuperate ulteriori risorse, pari a 91 euro per numero complessivo dei dipendenti di ogni singola azienda ospedaliera, che dal 31/12/2018 andranno nel fondo economico contrattuale per coprire le condizioni di lavoro e di incarichi. Quindi un ulteriore possibilità di rivedere il sistema delle indennità e dare risposte a tutto il personale.
Alla luce di quelle che erano le risorse disponibili (rischiando di non avere le coperture economiche previste), chi come noi è realista e sa quali sono le responsabilità e le difficoltà, sa bene anche che questo contratto è stato difficile da ottenere. Ora, finalmente, si lavorerà affinché si possa riconoscere maggiore dignità ai lavoratori, recuperando anni di perdita di potere economico e di tutela. Coscienti, inoltre, di andare alla fase successiva già con una base significativa, si cercherà di recuperare sistemi di finanziamento importanti, accompagnando questo “contratto ponte” al prossimo biennio 2019-2021, già in fase di elaborazione.
Dott. Magistr. Inf. Giovanni Caminiti
Strumentista blocco operatorio San Vincenzo di Taormina
Segretario aziendale di presidio UIL-FPL
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