Nei guai due medici e un infermiere dell’ospedale San Giovanni di Dio, accusati di omicidio colposo dal pm.
“Sarebbe bastato essere più attenti e seguire il protocollo per salvare la vita del neonato. Il piccolo Salvatore Aron è morto per una leggerezza. Se la patologia di cui soffriva fosse stata diagnosticata in tempo e il personale avesse controllato il funzionamento della culletta termica, non si sarebbe spezzata una giovanissima vita”.
Questo il duro atto di accusa del pubblico ministero Manola Cellura, che ha chiesto la condanna dei tre dipendenti dell’ospedale San Giovanni di Dio, accusati di omicidio colposo. Si tratta della ginecologa Maria Concetta Rotolo, 60 anni, di Antonino Cutaia, 61 anni, pediatra in servizio al reparto di Neonatologia, e dell’infermiere Giovanni Moscato, 50 anni. Alla ginecologa, per la quale è stata chiesta la condanna a due anni e otto mesi, si contesta di non avere diagnosticato la patologia cardiaca di cui soffriva il piccolo.
“Con adeguati accertamenti durante la gravidanza – ha sottolineato il pm – si poteva individuare in tempo la trasposizione delle grandi arterie di cui il feto soffriva e si sarebbe programmato un cesareo in una struttura più attrezzata”. Senza contare l’odissea legata al mancato funzionamento della culletta termica dell’ambulanza, usata per il trasporto dal San Giovanni di Dio all’ospedale San Vincenzo di Taormina. Cutaia e Moscato sono accusati di non avere provveduto a controllare che fosse regolarmente operativa e funzionante: tre anni è la richiesta di pena per il pediatra, un anno per l’infermiere.
La tragedia risale al 17 giugno del 2011. Il piccolo, figlio di una giovane coppia di Licata, nacque in condizioni di sofferenza cardiaca ed è necessario il trasporto all’ospedale di Taormina, attrezzato per l’intervento chirurgico. “La patologia – ha affermato il pm nella requisitoria –, se diagnosticata tempestivamente, avrebbe consentito di sottoporre il neonato a immediate cure mediche, che ne avrebbero evitato il decesso”. Una corretta diagnosi, inoltre, avrebbe permesso di “programmare il parto cesareo in un ospedale munito di reparto di cardiologia pediatrica”.
Invece fu necessario il trasporto in un’altra struttura ospedaliera. Cutaia e Moscato, entrambi reperibili, furono chiamati dall’ospedale per gestire il trasporto verso Taormina. Dopo poche decine di chilometri, la tragica beffa: la presa che collegava la culletta elettrica, necessaria per mantenere in vita il neonato, non funzionava e la batteria stava per scaricarsi. Cutaia e Moscato, secondo il pm, avrebbero dovuto controllare prima della partenza. “È stata una grave leggerezza, che è costata la vita al piccolo”.
Poi la sosta tecnica all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta per ricaricarla, ma non si trovò un mezzo per proseguire. “La durata media della batteria era di sei ore. Sarebbe bastata un po’ di attenzione per evitare che tutto ciò accadesse”. Dopo due ore, attorno all’una di notte, il trasporto in elisoccorso alla volta di Catania e da lì in ambulanza verso Taormina. In tutto si persero sette ore.
Fonte: www.agrigentonotizie.it
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