Laura Taroni, infermiera interdetta dall’esercizio della professione (attualmente sospesa dall’’OPI di Como fino al 31/12/2050) accusata di innumerevoli omicidi avvenuti in concorso con l’amante medico Leonardo Cazzaniga, è stata giudicata colpevole degli omicidi del marito Massimo Guerra e della madre Maria Rita Clerici e condannata a 30 anni di reclusione.
È stata invece assolta con formula piena dall’accusa di omicidio del suocero Luciano Guerra per non aver commesso il fatto.
Nelle 360 pagine che compongono la sentenza, Sara Cipolla, giudice del tribunale di Busto Arsizio, ha motivato la condanna a 30 anni pronunciata il 23 febbraio, con il rito abbreviato, nei confronti della donna, oggi quarantunenne, ex infermiera del pronto soccorso del presidio ospedaliero di Saronno, nel quale Cazzaniga era vice-primario.
Il giudice ha pronunciato parole severe riferendosi alla condotta per l’omicidio della madre, definita «terribile», «immotivata» e originata da un «odio ancestrale» che affondava le sue radici nell’infanzia.
Si sarebbe trattato di un processo indiziario, poiché i due corpi furono cremati in passato, rendendo quindi impossibile ogni accertamento autoptico e tossicologico. Tuttavia il quadro accusatorio è apparso ugualmente molto chiaro.
«È possibile – scrive il giudice – affermare che il movente della morte di Massimo Guerra sia da ricondursi al fortissimo odio che la donna provava nei confronti del coniuge. L’origine della determinazione criminale dell’imputata nei confronti del coniuge è infatti da ricercarsi nel tesissimo rapporto di coppia tra i due, sfociato, quantomeno a partire dall’estate del 2011, in un rapporto patologico caratterizzato dalla sottoposizione di Laura Taroni a pratiche sessuali estreme per volontà del coniuge».
L’odio persisteva per molto tempo anche dopo la morte dell’uomo, come è emerso dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali. Per ridurre la libido del marito, la Taroni avrebbe avuto l’abitudine di somministrargli farmaci «senza alcuna necessità terapeutica», mescolati o tritati negli alimenti che gli serviva durante i pasti.
Successivamente lo avrebbe convinto di essere affetto da patologia diabetica, utilizzando dei referti falsificati. Gli avrebbe consigliato l’assunzione di metformina associata al consueto cocktail di farmaci nascosto tra le pietanze.
Il coniuge avrebbe da subito manifestato diversi sintomi quali stanchezza, sonnolenza e nausea.
Il 3 giugno 2013 in seguito ad un ennesimo malore, muore sul divano della propria abitazione di Lomazzo all’età di 46 anni.
Laura Taroni ha ammesso la «somministrazione incongrua» di farmaci al marito. Secondo il gup, tale pratica sarebbe andata «oltre ad ogni limite» provocando la morte di Massimo Guerra.
In merito alla morte della madre, Maria Rita Clerici, la Taroni, riconosciuta sana di mente dalla perizia psichiatrica, ha fornito moltissimi versioni completamente discordanti tra loro, fino ad arrivare ad accusare Cazzaniga di averla provocata con un’iniezione di fibrinolitico.
Pochi giorni prima del decesso, Laura Taroni raccontava «ad almeno due persone che la madre stava male e che lei era molto preoccupata al punto da manifestare la sua intenzione di portarla in ospedale per una Tac».
Sempre pochi giorni prima della morte della Clerici, Cazzaniga «libero dal servizio, si recava in Ospedale ed ivi prelevava medicinali dall’armadio asserendo che erano per la mamma di Laura che, a suo dire, stava male ed aveva la polmonite».
Quando il medico di famiglia della donna si recò nell’abitazione, la coppia Cazzaniga-Taroni riferì falsamente di una «storia tumorale» sfociata in «improvviso arresto».
«In definitiva – annota la sentenza -, il movente che ha mosso Laura Taroni ad uccidere la madre è da rinvenirsi nell’odio che nutriva da sempre verso di lei, nonché nella decisione di eliminare l’ultimo ostacolo rimasto – dopo la morte di Massimo Guerra – alla possibilità di vivere liberamente la relazione con Cazzaniga».
Appare curiosa la decisione adottata dall’Ordine Provinciale di Como, che anziché procedere con la radiazione, ha optato per la sospensione fino al 31/12/2050, non tenendo conto di quanto indicato nel Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 13 settembre 1946 n. 233 che specifica come il provvedimento disciplinare della sospensione possa avere una durata massima di 6 mesi.
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