Dopo la laurea a Foggia, ha scelto di andare all’estero. Oggi lavora nella Transplant Unit dell’Harefield Hospital.
Mi chiamo Chiara e ho da poco compiuto 24 anni. Mi sono laureata in Infermieristica presso l’Università degli Studi di Foggia nel novembre 2016 e attualmente lavoro come infermiera a Londra, nella Transplant Unit dell’Harefield Hospital.
Molto spesso, chi come me sceglie di lasciare il proprio paese per lavorare all’estero viene considerato il “traditore della patria”, una persona che sceglie “la via più semplice”, anziché affrontare la lunga strada dei concorsi e degli avvisi pubblici. Una persona non in grado di affrontare la mole di lavoro (inappropriato e sottopagato) che ci spetterebbe se restassimo nel nostro Paese. Per esperienza personale, posso dire che decidere di lasciare la propria famiglia e i propri affetti per iniziare una nuova vita in un Paese straniero non è una scelta da prendere così tanto a cuor leggero.
Sono arrivata nel Regno Unito a giugno dello scorso anno e, come alcuni colleghi che hanno seguito il mio stesso percorso possono immaginare, il trasferimento è stato tutt’altro che facile. L’idea di tentare il colloquio per lavorare in UK è nata ancora prima che terminassi i miei studi universitari, dato che con l’approcciarsi della seduta di laurea, si concretizzava sempre di più la realtà della triste odissea dei concorsi e della disperata ricerca di una qualsiasi posizione di lavoro, pur di cominciare e accumulare esperienze.
Ho quindi contattato un’agenzia di recruitment con la quale ho fissato un colloquio (avvenuto a distanza di pochi giorni), che ha avuto esito positivo: assunta a tempo indeterminato presso uno dei maggiori centri di trapiantologia del Regno Unito. Certamente un’immensa soddisfazione, ma non è stato che l’inizio di un lungo e faticoso percorso. Per ottenere l’iscrizione all’albo professionale inglese e lavorare nel settore sanitario è necessario provare le proprie competenze in materia di lingua inglese attraverso il superamento dell’esame IELTS (attualmente esiste anche l’alternativa dell’esame OET), oltre che fornire diversi documenti con relativa traduzione certificata (documenti di identità, certificato di residenza in Italia, atto di nascita, casellario giudiziale, iscrizione all’albo professionale italiano, oltre che la pre-registration all’albo professionale inglese).
In questa fase, sia io che gli altri candidati avremmo dovuto essere supportati dall’agenzia di recruitment per inoltrare i documenti all’ospedale di riferimento e per il conseguimento dell’esame di inglese. Ebbene, la mia esperienza con l’agenzia di recruitment non è stata del tutto positiva: se da un lato sono stati impeccabili nel seguirmi prima del colloquio e nel fornire all’ospedale tutti i miei documenti, dall’altro ho riscontrato una grande disorganizzazione circa la data di partenza e il corso di inglese propostomi.
Quest’ultimo ha richiesto più tempo del previsto, e questo ha ovviamente comportato la cancellazione della data di partenza fissata alla conferma del contratto. Inoltre, problemi inerenti all’organizzazione del corso hanno portato all’aumento del prezzo inizialmente stabilito. Per tutta la durata del corso e nell’attesa dell’esito dell’esame, quindi, ho cercato di mettere soldi da parte, facendo diversi lavori occasionali. Il tutto allo scopo di finanziare questa mia piccola, grande impresa. Nonostante tali difficoltà, oggi non tornerei mai indietro, e mi riesce davvero difficile pensare a una mia futura carriera in Italia.
L’Harefield Hospital fa parte del Royal Brompton and Harefield NHS Foundation Trust. Situato nell’area rurale a nord ovest di Londra, è uno tra i più rinomati centri di trapianto inglesi. Negli anni Ottanta vi è stato eseguito con successo il primo trapianto di cuore e polmoni del Regno Unito, a cura del professor Magdi Habib Yacoub, fondatore del “Harefield Transplant Programme”. Lo stesso ospedale ospita inoltre un centro dedicato alle emergenze cardiologiche, che fornisce servizi di angioplastica primaria e inserimento di stent delle coronarie, nonché una sezione chirurgica per il trattamento di tumori toracici con tecniche di Minimally Invasive Surgery. È citato, assieme al Royal Brompton, dall’European Heart Journal come centro di eccellenza per la ricerca sulle malattie cardiache congenite e viene definito outstanding (= eccellente) dalla Care Quality Commission per la qualità dei servizi offerti, la sicurezza, i feedback positivi da parte degli stessi pazienti e lavoratori.
Tra le cose che mi hanno colpita fin dall’inizio vi sono certamente l’importanza data alla formazione dei Newly Registered Nurses (gli infermieri neolaureati e appena iscritti al Nursing and Midwifery Council) e l’enorme supporto ricevuto dai colleghi durante le prime settimane di lavoro. In UK ogni neolaureato, durante il suo primo incarico, viene affiancato per alcune settimane da un altro membro dello staff con più anni di esperienza ed è tenuto a seguire un Preceptorship Programme, una sorta di processo di transizione dall’essere studente infermiere a effettivo membro dello staff.
Il programma dura 12 mesi e ha lo scopo di facilitare, attraverso una serie di giornate studio e valutazioni, lo sviluppo delle competenze, conoscenze e abilità pratiche necessarie per la nostra professione. Questo genere di programma può risultare un po’ ripetitivo per noi infermieri italiani, dato che la nostra formazione sia teorica che pratica è già abbastanza ampia al termine dei tre anni di università, ma è studiato apposta per supportare chi proviene da altre realtà universitarie (come la stessa inglese) che non prevedono lo stesso tipo di tirocinio e di preparazione offerti a noi in Italia. Il completamento del programma, dunque, valida l’acquisizione delle competenze infermieristiche richieste dal proprio Trust e consente all’infermiere di ottenere un primo aumento di stipendio.
Pur essendo sempre affiancata da un collega, le prime settimane di lavoro non sono state affatto facili. Nonostante avessi studiato nei mesi precedenti e avessi passato lo IELTS con un ottimo punteggio, mi ci è voluto un po’ per abituarmi all’uso della lingua Inglese, specialmente nell’ascolto e nell’interazione con altri membri del team multidisciplinare (lavorando con persone provenienti da ogni parte del mondo, è difficile all’inizio capirne i diversi accenti). È stressante dover mantenere la concentrazione e parlare una lingua straniera h24, in ogni contesto della propria vita, dal lavoro, ai mezzi pubblici o al bar, ma con il tempo e la pratica le cose hanno cominciato ad andare decisamente meglio.
Centinaia di volte, al termine di una giornata di lavoro stressante in cui tutto sembrava andare storto, mi sono detta “Ma chi me lo ha fatto fare!”, e sono tornata a casa col broncio e la voglia di “interagire” esclusivamente con letto e cuscino. Ad oggi, superate le prime incertezze e la mia immensa timidezza, anche grazie al supporto di alcuni amici/colleghi che si erano trasferiti in UK poco tempo prima di me, sto cominciando ad affrontare il mio lavoro e la vita all’estero con più serenità e consapevolezza.
Essendo sempre stata appassionata dello studio delle patologie respiratorie, qui ad Harefield ho decisamente trovato il mio posto. Inoltre, lavorare qui mi permette di acquisire anche conoscenze inerenti alla cardiologia e al trapianto d’organi. La Transplant Unit è uno dei migliori reparti dell’Harefield Hospital e il mio lavoro mi consente di seguire i pazienti nell’intero e complesso percorso del trapianto, dalla loro ammissione alla valutazione dei casi e al giorno dell’intervento chirurgico, per poi accoglierli nuovamente una volta superati i primi giorni in terapia intensiva.
Inoltre ho la possibilità di occuparmi di pazienti la cui insufficienza cardiaca rende necessario l’impianto di cardiac devices temporanee come il VAD (Ventricular Assistance Device), il Levitronix (una sorta di rotore magnetico con funzione simile alla pompa ventricolare), l’Impella (la più piccola pompa ventricolare esistente e inserita tramite cateterizzazione dell’arteria femorale) ed il Total Artificial Heart.
A chiunque sia curioso di conoscere il processo di donazione degli organi e cosa realmente significa essere in attesa di un trapianto consiglio di guardare uno speciale girato dalla BBC e messo in onda lo scorso 14 maggio. Potete trovarlo a questo link: https://www.bbc.co.uk/programmes/b0b3gfth
Chiara Valentino
Altri riferimenti all’interno dell’articolo:
European Heart Journal, Volume 38, Issue 33, 1 September 2017, Pages 2527–2529
https://www.cqc.org.uk/location/RT301
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