Riceviamo e pubblichiamo un comunicato del sindacato di categoria, corredato dalle dichiarazioni del presidente Antonio De Palma.
Il sindacato degli infermieri Nursing Up continua la sua battaglia. Dopo aver chiamato in causa l’azienda ospedaliero-universitaria di Pisa per l’esclusione dai tavoli della contrattazione integrativa e decentrata, va all’attacco anche dell’ospedale Nigurda di Milano. Un’esclusione dovuta alla mancata sottoscrizione del Ccnl comparto sanità 2016-2018. Il ricorso del sindacato contesta l’art. 8 del Contratto. Una norma in palese contrasto con quanto sancito dall’articolo 39 della Costituzione e con l’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela le libertà di riunione e di associazione, in cui rientrano anche le libertà sindacali. Ricordiamo che al Niguarda gli iscritti al Nursing Up sono 1.466 su un totale di 3.400 dipendenti, secondo i dati ufficiali resi noti dall’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni).
“È assurdo che un sindacato che ha riscontrato un consenso plebiscitario tra i dipendenti non possa esercitare il proprio diritto al dissenso. Abbiamo deciso di non firmare il contratto perché lo riteniamo deteriore e inadeguato, ma allo stesso tempo non troviamo giusto essere fuori dalla contrattazione in quanto siamo sindacato rappresentativo nella sanità pubblica”, dichiara il presidente di Nursing Up, Antonio De Palma. “Se il prezzo della libertà è questo, noi combatteremo in tribunale e – aggiunge – solleveremo la questione di legittimità dell’esclusione al livello giuridico, tanto più che c’è una sentenza della Corte Costituzionale che afferma un principio che ci dà ragione”.
Il riferimento è alla sentenza n. 231/2013. Secondo la Consulta, infatti, le disposizioni che escludono dalle trattative quelle organizzazioni sindacali che, pur dotate della rappresentatività richiesta dalla legge, non hanno sottoscritto il testo contrattuale proposto dalla controparte, si pongono in evidente contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione.
“Un sindacato, nel momento in cui viene costituito da parte dei lavoratori – spiega De Palma –, assume una mission, che è quella di difendere e tutelare gli interessi della gente che rappresenta e non solo. Questo compito deve essere svolto in completa autonomia e libertà, senza rispondere a nessun tipo di pressione, da qualsiasi parte dovesse provenire”. Ricordiamo che la legge italiana, in particolare lo Statuto dei lavoratori, vieta la costituzione dei sindacati di comodo (art. 17), i cosiddetti sindacati gialli, ossia sindacati costituiti e sostenuti dai datori di lavoro o dalle loro associazioni.
Con l’art. 8 del Ccnl della sanità, sostiene Nursing Up, viene sanzionato in modo improprio il dissenso, incidendo e condizionando la libertà del sindacato di scegliere le forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentati. Tanto più quando si tratta del primo sindacato al Niguarda, in termini sia di voti (ottenuti alle elezioni delle Rsu) sia di delegati (15 Nursing Up su un totale complessivo di 42 neoeletti).
“Quando si fa un contratto e quando si va alle negoziazioni – sottolinea De Palma – un sindacato è chiamato a contemperare gli interessi che la pubblica amministrazione asserisce di avere con quelli dei dipendenti, che il sindacato conosce davvero perché li difende. Ebbene, questo sindacato deve avere la possibilità di dire no a proposte o a pretese della PA, che ritiene contrarie agli interessi dei lavoratori. Soprattutto nel momento in cui questi scendono in piazza massicciamente, così come è successo a Roma in occasione della manifestazione di piazza Santi Apostoli del 23 febbraio scorso, durante la quale migliaia di infermieri, nonostante la pioggia battente, hanno contestato il contratto appena sottoscritto da altri. Questa nostra presa di posizione, cioè la mancata firma del Ccnl, è stata fortemente voluta dalla base e Nursing Up se n’è fatto carico”.
Nursing Up ritiene che qualsiasi comportamento della PA e quindi dell’Aran o di chi autorizza la sottoscrizione di contratti di questo tipo, mette in discussione principi sacrosanti di democrazia sociale, visto che a un sindacato, così come accade oggi con l’art. 8 del Ccnl della sanità, viene impedito di esercitare la propria attività di rappresentanza nei contratti integrativi aziendali, qualora non firmatario del Ccnl.
“In altre parole, significa che il sindacato dovrebbe accettare obtorto collo – si chiede il presidente Nursing Up – ciò che non condivide? Anche se si tratta di un contratto nazionale deteriore e penalizzante per i dipendenti? Ed è questo il nostro caso. Il sindacato, stando alla norma del Ccnl che noi contestiamo, dovrebbe accettarlo per forza, se vuole continuare a difendere i dipendenti nelle aziende. Altrimenti, visto che non ha firmato il contratto, non parteciperà alle trattative, con buona pace dei 1.466 dipendenti che lo vogliono e che gli hanno conferito la propria iscrizione. Non suona come una vera e propria costrizione?”.
Tutto questo è contrario a qualsiasi principio di libertà, di espressione del pensiero e di difesa dei diritti dei lavoratori. “Quando si vieta a un sindacato, scelto e votato da decine di migliaia di persone che operano nella sanità pubblica, di rappresentare gli interessi dei suoi iscritti nei contratti delle aziende sanitarie – conclude De Palma – è come se gli si stesse dando un vero e proprio ultimatum: o firmi il contratto o niente, o dentro o fuori dalla contrattazione integrativa. Questa situazione grida vendetta, bisogna far sapere alla gente e al nuovo Governo che si sta consumando un’ingiustizia. Noi stiamo già lavorando anche a un reclamo al Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa contro le violazioni della Carta Sociale Europea commesse dai vecchi Governi, perché quella norma contrattuale va cancellata”.
Ufficio stampa Nursing Up
Lascia un commento