Lo sfogo di una infermiera che lavora in un’azienda privata che esegue servizio 118 per conto dell’Ares, nella Regione Lazio. Collega che si pone delle domande piuttosto legittime sul riconoscimento sociale e economico che la nostra professione non ha… Per evitarle problemi presso la società per cui lavora, abbiamo deciso di garantire il suo anonimato
“Ciao Alessio, sono una tua collega e lavoro da anni nel 118. Ti propongo un altro tema: infermieri nell’emergenza 118 che percepiscono sole 200 euro in più rispetto ad un semplice soccorritore, come la vedi? Lavoro per una società privata in convenzione con l’Ares 118. Il contratto di lavoro è l’ANPAS. La paga oraria ridicola. Gli straordinari non pagati.
Ma la cosa che più mi fa arrabbiare è che io, infermiera, ho una paga base di circa 1500 euro lorde per 16 turni mensili da 12 ore (7-8 euro lorde orarie, in pratica) mentre il soccorritore laico ha una paga di circa 1300, sempre con gli stessi turni e lo stesso monte orario. Io sono il team leader, io ho la responsabilità di tutto il soccorso, io firmo le schede di soccorso, attribuisco il codice di gravità, scelgo l’ospedale più idoneo, ecc. Per cosa? Per sole 200 euro in più di uno che, con tutto il rispetto, fino al giorno prima faceva il manovale piuttosto che l’elettricista? E che con due “corsetti” blsd e ptc pretende pure di saperne più di me? Eh sì, perché in genere si tratta di gente grande (soprattutto gli autisti), che mal sopporta avere direttive da un giovane infermiere o peggio ancora da una donna giovane e infermiera.
Per non parlare poi del fatto che alcuni di loro pensano che l’infermiere serva solo a raccogliere i dati del paziente, a misurare i parametri vitali, a reperire un accesso venoso per poi partire alla volta dell’ospedale. Non conoscono e non riconoscono minimamente le responsabilità, il lavoro intellettuale e non prettamente tecnico di un infermiere/a. E, come saprai bene, non sono gli unici… Ma il mio intento non è affatto quello di attaccare loro, bensì i motivi che, secondo me, generano queste incomprensioni, queste tensioni, questa mentalità che sembra davvero complicato da abbattere.
E i motivi, vuoi o non vuoi, alla fine sono sempre economici: con questo stipendio così assurdamente simile, che non crea quella giusta disparità tra un semplice tecnico del soccorso ed un professionista sanitario, come si può sperare in un qualsivoglia riconoscimento?
È normale che certi media ritengano che le ambulanze col “solo” infermiere a bordo siano solamente dei “taxi” (VEDI)… Che i politici si sentano in pericolo per il fatto che sui mezzi di soccorso ci siano ‘solo’ infermieri (VEDI). E che i medici ci facciano la guarra quando proviamo a rivendicare la nostra autonomia professionale. Siamo ciò per cui ci fanno passare, caro Alessio. Siamo lo stipendio che percepiamo.
Te ne potrei raccontare a non finire, ma… Mi fermo qui. Anche perché non vorrei annoiarti. Sarai sicuramente a conoscenza di tutto questo, ma ho voluto comunque farti sentire anche la mia voce. Quella di un’infermiera del 118 come tante altre, stanca di vedere così bistrattata la propria categoria.”
No, non è niente di nuovo, cara collega. Ma la tua testimonianza è comunque importante… Perché per te che ti sei fatta delle domande e ti sei data delle risposte più o meno frustranti, cercandomi per renderle pubbliche, molti infermieri non lo fanno. Si tengono stretto il loro misero orticello, ringraziando Dio di averlo ottenuto. Speriamo che il tuo sfogo li spinga a riflettere… E a partecipare più attivamente alla vita della loro professione.
Sì, sottoscrivo: siamo lo stipendio che percepiamo. Siamo ciò che decidiamo di accettare.
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