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Medici e infermieri hanno scelto di vivere vicino alla gente che soffre e a volte muore

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Un sorriso forse basterebbe in questi giorni a rompere il silenzio!
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Di seguito riprendiamo un contributo editoriale del presidente OMCeO della Provincia di Venezia, vicepresidente della FNOMCeO, dott. Giovanni Leoni dal titolo “Cardiologia di Mirano: grazie a chi ha scelto nella vita di fare le cose difficili”


Questo articolo non è la celebrazione di un intervento di rara difficoltà eseguito con perizia e coronato dal successo.

Non è neanche una difesa d’ufficio di uno o più colleghi coinvolti nella morte di un paziente.

E’ un ringraziamento, allargato a tutti i medici che hanno scelto per la loro vita professionale di fare procedure difficili, interventi che prevedono un certo tasso di mortalità operatoria universalmente confermato.
Medici che potevano scegliere anche strade diverse, ma pur sapendolo hanno affrontato e continuano ad affrontare il rischio, perché i progressi della medicina si basano in maniera determinante su persone che lavorano al limite, ed volte lo superano, per fortuna di tutti noi che potremmo un giorno diventare loro pazienti o che lo siamo stati.

Tanti anni fa al termine di un intervento di rara perizia in cui facevo il terzo operatore, mi ero sentito in dovere in spogliatoio di fare le mie congratulazioni al primo operatore, che era il Prof. Ermanno Ancona, chirurgo emerito dell’Università di Padova. La mia non era una frase usuale, era una uscita da considerare perfino superflua in certi ambienti  –  si vive così –  ma eravamo tutti molto stanchi, almeno io lo ero, e l’intervento era stato veramente difficile, per quello che potevo capire, e mi è uscita così.

Ancona commentò molto semplicemente: vedi Leoni nella vita c’è anche chi deve fare le cose difficili. Ciò detto, dopo circa 8 ore, uscì dal blocco operatorio.  

Al contrario del disastro del Ponte Morandi di Genova in cui le singole responsabilità saranno riconosciute e divise con grande fatica, nel caso di una procedura interventistica esiste un responsabile immediato che è il primo operatore, nel bene e nel male.

Esiste un atto operatorio datato e firmato  su cui successivamente discutere, avviare un confronto fra periti.
Periti adeguati, naturalmente scelti fra esperti del settore che conoscano e pratichino loro stessi la stessa procedura da tempo, che sappiano perfettamente per esperienza diretta e non solo per la consultazione della letteratura indicazioni e limiti del caso che devono giudicare. Non può essere che così, deve essere così.

Dai dati della letteratura della Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione  la mortalità intraoperatoria è classificata come “episodica” e la mortalità ospedaliera e fino a 30 giorni dall’impianto tra lo 0.2 e lo 0.7 %.
Ho chiesto specificatamente questo dato ai colleghi di Mirano: dal 2015 ad oggi sono stati posizionati 3946 dispositivi con 1 decesso pari allo 0.025% di mortalità.

Queste considerazioni non restituiscono ai congiunti la Sig.ra Ornella Mortati di Scorzè,  a cui porgo le più sentite condoglianze a nome dell’Ordine di Venezia, nè possono influire sulla dovuta inchiesta che segue a fatti di possibile rilevanza penale.

Di questo caso troverete in allegato gli articoli dedicati della stampa locale.

Medici, infermieri ed operatori sanitari a tutto tondo hanno scelto di vivere la loro vita professionale vicino alla gente che soffre e a volte muore.
Mille persone che usciranno ringraziandoti dal reparto non ti consoleranno mai da una storia finita male che ti resterà sempre nella mente e che ricorderai negli anni, ma gli attestati di stima sono la consolazione più grande, forse l’unica ormai che ci è rimasta,  per tutto il tempo passato a lavorare ed a studiare sempre per dare il meglio al momento giusto.

I medici sono i giudici più severi con se stessi, se si apre il motore di ricerca più importante in medicina, che non è Google ma PubMed  –  solo in inglese, lingua scientifica internazionale – troverete 2.847.902  articoli che contengono il termine  “complications” =  “complicazioni” a tutti i livelli.
In casi come una morte in sala operatoria ci si confronta per prima cosa con se stessi e la propria coscienza per mantenere il proprio equilibrio interno.

Come medici per fare il nostro lavoro dobbiamo sempre credere che la sconfitta non sia un’alternativa, e non importa quanto malati siano i nostri pazienti finché c’è speranza per loro.

Ma anche quando le nostre speranze si infrangono contro la realtà significa che abbiamo solo perso la battaglia di oggi, non la guerra di domani.

Giovanni Leoni  
In allegato gli articoli dedicati all’ultimo caso avvenuto in Cardiologia a Mirano ed una informativa della Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione 

 Il Corriere del Veneto 10_8_2018).pdf 
 La Nuova 10_8_18.pdf 
 Il Gazzettino 10_8_2018.pdf 
 consensoinformato_ICD_02092014.pdf
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