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Crollo Ponte Morandi, parlano gli infermieri:”Con l’azione abbiamo compensato lo shock”

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Gli infermieri intervenuti in soccorso delle vittime del crollo del Ponte Morandi hanno voluto raccontare quanto vissuto negli attimi successivi alla tragedia genovese.

Per molti è stato il momento di mettere in pratica tutto quanto imparato sui libri: martedì 14 agosto gli ospedali di Genova sono passati dalla relativa tranquillità del post ondata di calore all’emergenza nel giro di pochi minuti.

Gli infermieri hanno messo in atto quanto previsto dai protocolli per le maxiemergenze, dimostrando la massima disponibilità. Molti dipendenti ospedalieri hanno addirittura interrotto spontaneamente le ferie estive per fare rientro ed essere di supporto ai colleghi.

Si temeva un elevato numero di feriti, ma purtroppo per molti di loro non c’era più nulla che i professionisti della salute potessero fare.

Proponiamo di seguito l’intervista rilasciata dal dott. Carmelo Gagliano al giornale GenovaToday presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Genova.

Quando avete scoperto cosa stava succedendo?

«Siamo stati attivati alle 11.39 di martedì 14 agosto dal 118 e dalla Protezione Civile, ed è scattato il piano legato alle maxi emergenze, con l’attivazione di tutta una serie di interventi, dalla preparazione del materiale e delle sale operatorie allo sgombero del pronto soccorso passando per il richiamo di tutto il personale in servizio.

Vista la situazione, eravamo preparati a gestire feriti legati a catastrofi naturali, e dunque con ustioni, politrauma, annegamenti vista la pioggia. Abbiamo allestito in ospedale tutti i servizi previsti con tutte le specialità e competenze necessarie.

Qual è stata la reazione del personale in servizio al Villa Scassi, dove è arrivata la maggior parte dei feriti?

In casi di questo genere siamo tutti iperattivi, è un modo per compensare le emozioni e le paure. La spinta è quella a fare qualcosa subito, reazione che di fatto rende fondamentale mettere ordine e dirigere le operazioni. Tutti quanti, compresa la portata della notizia, abbiamo pensato “Mio Dio, facciamo qualcosa”, ma in questo modo si rischia di perdere di vista le cose importanti.

Come avete gestito le lunghe ore in cui si attendevano notizie sui feriti e sulle vittime?

Purtroppo con il passare del tempo ci siamo resi conto che le vittime superavano i feriti (43 contro 18, ndr). Quello che abbiamo vissuto con grande tristezza e rassegnazione è stata proprio l’attesa: è trascorso molto tempo tra l’arrivo del primo e del secondo ferito, e abbiamo iniziato a capire che la conta delle vittime stava iniziando a salire. Da noi al Villa Scassi ne hanno portati 8, e con il passare del tempo ci guardavamo senza volerlo ammettere esplicitamente. È stata una cosa che ci ha demoralizzati.

L’altro aspetto da gestire sono stati i familiari in cerca di notizie sui loro cari.

Sì, abbiamo dovuto aprire e gestire una linea dedicata ai parenti delle vittime, ed è un’altra cosa che ha richiesto molte energie e risorse emotive. Inizialmente si sapeva ben poco, e quello che sembrava essere un po’ di sballottamento, per i familiari, era in realtà cautela.

Abbiamo sofferto il fatto di non riuscire a essere tempestivi, di non poter fornire risposte subito, quando venivano chieste. La direzione ospedaliera ha attivato la linea dedicata intorno alle 14 precettando assistenti sociali, psicologi e personale ospedaliero che prendevano nota del nominativo della persona ricercata e della persona che chiamava cercando di tirare le fila dell’emergenza.

Abbiamo lavorato ininterrottamente per cercare di fare tutto ciò che era in nostro potere per alleviare la loro pena.

All’ospedale Villa Scassi sono arrivati anche molti sfollati sotto choc o che necessitavano di medicine.

Sì, il 15 abbiamo vissuto proprio l’emergenza sfollati: c’era chi arrivava chiedendo la pillola gialla, chi quella blu, chi quella rossa. Molti, sotto choc, non ricordavano le terapie cui erano sottoposti: li abbiamo visitati tutti e abbiamo prescritto una nuova terapia in accordo con i medici.

Dal 16 agosto hanno iniziato ad arrivare persone che soffrivano di crisi di panico, chi ha visto il crollo da lontano, chi si trovava invece affacciato alla finestra lungo il Polcevera per fumare una sigaretta e l’ha visto in diretta. Sono tutte persone che stanno ancora tentando di elaborare quanto accaduto, e sono reazioni che ci aspettiamo anche nei prossimi giorni.

Abbiamo già attivato un pool di professionisti con personale medico psichiatrico specializzato, i nostri psichiatri intervengono in ogni caso di necessità. È molto probabile che nei prossimi giorni il problema principale da affrontare.

Simone Gussoni

Fonte: GenovaToday

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