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Più infezioni da batteri resistenti agli antibiotici se gli ospedali esternalizzano i servizi di pulizia

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Più infezioni da batteri resistenti agli antibiotici se gli ospedali esternalizzano i servizi di pulizia
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Lo dimostra uno studio britannico. Sotto osservazione, in particolare, lo Staphylococcus aureus.

Uno studio britannico realizzato tra il 2010 e il 2014 e recentemente pubblicato sulla rivista Social Science and Medicine, ha dimostrato che l’esternalizzazione dei servizi di pulizia negli ospedali è associata a una maggior incidenza di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, in particolare da Staphylococcus aureus.

Condotta su un campione di 126 unità sanitarie secondarie amministrative britanniche (i cosiddetti trust, ciascuno dei quali può comprendere fino a dodici ospedali), l’analisi ha utilizzato i dati sulle infezioni da Staphylococcus aureus e quelli sulla pulizia percepita da degenti e staff ospedaliero. Tali dati sono frutto delle indagini commissionate dall’NHS (il Sistema sanitario nazionale britannico) e dalla Care Quality Commission.

Risultato: le strutture sanitarie che appaltano la gestione dei servizi di pulizia ad aziende esterne hanno il 15% in più di infezioni rispetto a quelle che non lo fanno. La differenza si mantiene analoga anche quando si considerano altre caratteristiche, come la dimensione della struttura e la complessità dei casi. Inoltre l’esternalizzazione è associata a un minor numero di addetti alle pulizie per posti letto, a una percezione di minor pulizia da parte di pazienti e staff ospedaliero e a una minor disponibilità di impianti igienici per lavarsi le mani. Tutti aspetti fondamentali per prevenire la diffusione di infezioni.

La scelta di affidare a ditte esterne il servizio di pulizia è quasi sempre dettata dalla necessità di tagliare i costi. Sempre dallo studio è emersa infatti una spesa annua per posto letto pari a 2.894 sterline, contro 3.130 spese da chi gestisce il servizio in proprio.

«Pensiamo che la competizione, quando si basa sul solo prezzo, possa portare a un peggioramento della qualità: le aziende a cui viene appaltato il servizio di pulizia degli ospedali tendono a vincere gli appalti perché propongono prezzi molto bassi, pagando poco i loro dipendenti», spiega Veronica Toffolutti, prima autrice dello studio e ricercatrice di Economia sanitaria del dipartimento di Sociologia all’Università di Oxford.

Anche perché ciò che si guadagna da una parte si perde dall’altra. I costi dovuti alle infezioni, infatti, non sono bassi. Si pensi all’Italia: ogni infezione ospedaliera comporta una spesa di circa 9.000-10.500 euro, come emerge da una ricerca sul peso economico delle infezioni ospedaliere in Italia, condotta da Francesco Saverio Mennini, docente di Economia sanitaria e direttore del centro Economic Evaluation and HTA del Ceis all’Università romana di Tor Vergata. Ogni anno circa il 5-8% dei pazienti ricoverati nel nostro Paese contrae un’infezione ospedaliera, per un totale di circa 450-700.000 casi e 4.500-7.000 decessi.

Proprio l’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente colpiti dalle infezioni associate ai batteri antibiotico-resistenti. Stando al rapporto annuale dell’European Center for Diseases Control (ECDC), redatto con i dati del sistema di sorveglianza Eears-Net dell’Unione Europea, siamo al primo posto per uso di antibiotici e, dopo la Grecia, siamo quelli con il più alto tasso di microrganismi resistenti agli antibiotici. In molti casi, poi, le infezioni ospedaliere sono sostenute da batteri multiresistenti e pan-resistenti agli antibiotici.

Per quanto riguarda Staphylococcus aureus, il primo studio di sorveglianza a livello nazionale è stato pubblicato nel 2012. Spiega Stefania Stefani, responsabile del lavoro e direttrice del laboratorio di Microbiologia molecolare e di studio delle resistenze agli antimicrobici presso il dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche all’Università degli Studi di Catania: «Le infezioni sostenute da questo microrganismo rappresentano l’11,6% di tutte le infezioni nosocomiali nei nostri ospedali, in linea con i dati di incidenza europei. Nel 35% dei casi si tratta di infezioni sostenute da ceppi meticillino-resistenti (MRSA), e questo è un dato piuttosto stabile nel tempo. Staphylococcus aureus è un batterio persistente, che sviluppa resistenza a farmaci di uso sistemico anche di nuova generazione e/o importanti come i glicopeptidi. È capace di cronicizzare e quindi di difficile eradicazione».

Ma non è l’unico agente patogeno ospedaliero ad alta frequenza. In Italia preoccupa pure l’aumento della resistenza ai carbapenemi nei batteri Gram-negativi e, soprattutto, negli enterobatteri. I carbapenemi sono una classe di antibiotici di grande utilità e diventano salvavita quanto tutti gli altri antibiotici non sono più efficaci a causa dell’acquisizione di resistenze multiple.

Tornando alla ricerca britannica di partenza, l’autrice Veronica Toffolutti aggiunge: «Tra i problemi più frequenti che riguardano gli operatori addetti ci sono la necessità di sviluppare un forte senso di responsabilità sull’importanza del loro lavoro, le modalità di esecuzione delle pulizie, la frequenza delle stesse e la qualità dei materiali usati. È quindi necessario effettuare selezioni più accurate e migliorare la conoscenza degli operatori. Alcuni studi dimostrano come nel personale di pulizia ci sia uno dei più alti turnover, oltre ad assenteismo, insoddisfazione e un più basso grado di specializzazione all’interno nel settore sanitario inglese. Inoltre si riscontra, sempre attraverso la letteratura, che quando il personale di pulizia è assunto dall’ospedale, anziché da un’azienda esterna, tende ad avere uno spirito comunitario che consente una miglior esecuzione del lavoro».

Redazione Nurse Times

Fonte: www.lastampa.it

 

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