“Avrei voluto fare di più se me lo avessero concesso, ma siamo stati ingannati“. Queste sono le parole con le quali inizia l’intervista rilasciata dall’infermiera del 118 che ha soccorso Marco Vannini nella notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015.
Il racconto di Ilaria davanti all’inviato delle Iene prosegue con una minuziosa descrizione di quell’intervento: “Siamo scesi dall’ambulanza e ho chiesto a Martina cosa fosse successo. Lei mi ha detto di essere appena arrivata”.
Successivamente sarebbe avvenuto l’incontro con Antonio Ciontoli. Il capofamiglia avrebbe parlato di un ragazzo vittima da un attacco di panico, senza far alcun riferimento al colpo di arma da fuoco sparato in casa.
Secondo quanto rivelato dai due infermieri, l’accusato, Antonio Ciontoli, avrebbe dichiarato che con Marco stesse parlando di calcio. Improvvisamente il ragazzo sarebbe scivolato, ferendosi accidentalmente.
“Si è ferito con un pettine a punta ed è stato poi colto da un attacco di panico”, avrebbe ribadito il padre della giovane infermiera Martina. Solo dopo essere giunti al Pronto Soccorso l’uomo riferì al medico che stava cercando di comprendere la dinamica dell’incidente del colpo d’arma da fuoco.
“Abbiamo capito che c’era qualcosa che non andava e che non si trattava di un attacco di panico, perciò abbiamo portato il codice da verde a rosso”, ha spiegato ancora Ilaria.
I due infermieri ricordano perfettamente come quella ferita non sembrasse affatto il foro di un proiettile.
“C’era un buchino piccolissimo, era pulito, quasi cicatrizzato, come una bruciatura di sigaretta. E Marco non era sporco di sangue“, continua l’infermiera.
Poi Christian e Ilaria ricordano che in quella drammatica notte non avrebbero potuto fare al meglio il proprio lavoro: “Nell’emergenza esiste la golden hour, nella quale se si raccolgono tutte le informazioni si agisce per tempo. Questo a noi però è stato impedito“.
Le omissioni di tutte le persone presenti sulla scena dell’incidente e le false dichiarazioni sull’accaduto avrebbero determinato gravi ritardi nell’intera catena del soccorso.
La centrale operativa del 118 infatti invio un mezzo di soccorso base in codice verde anziché inviare l’elisoccorso, come ribadito dal medico legale che effettuò l’autopsia sul giovane.
Gli infermieri hanno immediatamente compreso la gravità della situazione, dirigendosi in Pronto Soccorso in codice rosso.
“Avrei voluto fare molto di più, se me lo avessero concesso. Siamo stati ingannati”
“Abbiamo iniziato le manovre rianimatorie, che sono durate due ore abbondanti. Abbiamo fatto un massaggio cardiaco che va oltre le linee guida. Abbiamo usato non so quante fiale di adrenalina… perché non ci volevamo arrendere. Eravamo convinti che il cuore di Marco potesse ripartire.”
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