La direttrice della struttura: “Ho chiesto all’Asl la convocazione di una cabina di regia per la soluzione della criticità”.
Il carcere di Brindisi è a rischio emergenza: un medico per 200 detenuti e nessun infermiere durante la notte. Una proporzione che non regge, se si pensa che la capienza regolamentare è quella di 114 ospiti. I contratti a tempo determinato degli infermieri, che normalmente sono dieci, sono scaduti il 28 febbraio e ancora nessuno dalla direzione sanitaria dell’Asl ha fatto sapere se e quando saranno rinnovati. A conti fatti, la struttura carceraria ha solo 6 infermieri, uno dei quali è assente per malattia.
I primi momenti della detenzione, tanto nella fase cautelare quanto in quella di esecuzione della pena, sebbene con caratterizzazioni diverse, sono delicati per molteplici scopi: segnalare immediatamente ai detenuti, appena giunti in un ambiente estraneo e difficile, la possibilità di avere operatori con cui instaurare un dialogo; informarli correttamente sulle regole che scandiscono la vita detentiva; accertare e trattare con tempestività gli stati di disagio psicologico, di malattia psichiatrica, di malattia fisica.
Questi tre ordini di attività mirano a: prevenire il rischio suicidiario, particolarmente presente nei primi periodi di detenzione; conoscere la persona ai fini del successivo programma di trattamento individualizzato; ridurre la conflittualità intersoggettiva che, anche a causa dalla mancata o scarsa conoscenza delle regole della vita penitenziaria, può dar luogo a conseguenze disciplinari e penali, soprattutto nella prima fase della detenzione; prevenire le malattie e garantire la continuità delle terapie eventualmente già in corso al momento dell’ingresso in istituto. Ovviamente non si tratta solo della fase iniziale della detenzione: vi sono anche i rischi legati a quella successiva, soprattutto quando si parla di detenzioni a lungo termine.
Il sostengo tecnico-clinico per i detenuti, specie di quelli con comportamenti a rischio di suicidio, è il compito proprio di infermieri, medici e psicologi che operano quotidianamente nei servizi di assistenza e che possono cogliere sintomi e richieste di attenzione e di cura nel corso di visite, colloqui, distribuzione di terapie. Sono loro che, in questi casi, possono fornire un primo sostegno e segnalare il caso. Il taglio al personale infermieristico crea quindi un grande scompenso nella gestione dei servizi.
Il rischio che si verifichi un’emergenza sanitaria aumenta di notte, quando crescono anche le possibilità che un detenuto possa decidere di fare un gesto inconsulto. All’interno della struttura detentiva, tra l’altro, non ci sono solo casi di potenziali suicidi, ma anche di detenuti con problematiche legate alla tossicodipendenza, all’alcool o patologie croniche. L’assistenza sanitaria, oltre che necessaria, è dovuta. Se un medico si trova solo con uno o più pazienti che necessitano di assistenza, svolgere il suo compito diventa assai complicato e si rischia di mettere in pericolo la vita stessa del detenuto. “In caso di emergenza – dicono dal carcere – sarebbe difficile per un medico prendere da solo un defibrillatore, assistere chi ha bisogno e chiamare il 118”.
La direttrice della struttura, Annamaria Dello Preite, spiega: “La situazione è stata segnalata sia al direttore sanitario che al direttore generale dell’Asl. L’ha segnalata il responsabile di aria sanitaria del carcere, che ha indirizzato la comunicazione anche a me. Ho chiesto la convocazione di una cabina di regia per la soluzione di questa criticità. Mi aspetto che il direttore generale e il direttore sanitario intervengano quanto prima”.
Del resto l’assistenza sanitaria è un diritto ed è impensabile che la struttura ne resti scoperta. “Per la casa circondariale di Brindisi – continua la direttrice – è prevista un’assistenza infermieristica h24, e un’assistenza medica durante il girono e non nel servizio notturno. Per la verità, da tempo la Asl mette a disposizione il servizio della guardia medica nelle ore notturne, a fronte della difficoltà di spostare il servizio infermieristico durante la notte all’interno della struttura. Fondamentalmente è preferibile che ci sia un medico la notte. Sono certa che, così come è intervenuta altre volte, la Asl interverrà anche questa volta. Peraltro c’è ora un nuovo direttore sanitario, e presumo che voglia rendersi conto dell’istituto e delle sue esigenze. Poche volte i vertici dell’Asl sono venuti a visitare l’infermeria dell’istituto, che è di loro esclusiva pertinenza”.
Vi è poi un problema legato all’assistenza sanitaria: l’ascensore del carcere di Brindisi non è omologato per trasportare le barelle. In pratica la struttura, che sorge su due piani, non è dotata di un ascensore in grado di accogliere una barella, se il caso lo dovesse richiedere. Tutte la volte che è intervenuto il 118, gli operatori hanno dovuto percorrere a piedi le distanza e salire e scendere le barelle utilizzando le scale. Nonostante questa difficoltà, pare che nessuno si sia posto il problema sino ad oggi, anche se il carcere è stato ristrutturato di recente. Chiosa la direttrice: “Il carcere è stato collaudato. Nel momento in cui è stato ristrutturato, c’è stato un collaudo. Se poi questo ha avuto un esito positivo, vuol dire che il problema non è stato sollevato. Ma è evidente che se tale difficoltà esiste e va risolta”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il7 Magazine
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