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Francia, nuovo colpo di scena nel caso Vincent Lambert

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Francia, nuovo colpo di scena nel caso Vincent Lambert
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Stop della Corte d’Appello all’ordine di sospendere l’alimentazione forzata per l’ex infermiere, da dieci anni inchiodato a un letto. Accolto l’ultimo ricorso dei genitori, in contrasto con la moglie.

I principali media francesi hanno aperto ieri una diretta sui loro siti internet. Per tutti lo stesso titolo: Affaire Vincent Lambert. Un live per seguire, minuto per minuto, la fine di Vincent, ex infermiere, amante dei Pink Floyd, figlio di Viviane e Pierre, marito di Rachel, 42 anni, di cui gli ultimi dieci passati steso in un letto. Al suo capezzale si è spaccata la famiglia, e con la famiglia la Francia. Da una parte i genitori, che vogliono che le sonde del cibo e dell’acqua lo mantengano vivo, dall’altra i medici e Rachel, che giudicano il suo stato irreversibile e dicono basta all’accanimento terapeutico.

Ieri mattina i medici dell’unità di cure palliative dell’ospedale di Reims avevano cominciato la sospensione delle cure, togliendo la sonda dell’alimentazione forzata e diminuendo l’idratazione. È quello che prevede il protocollo della Legge Leonetti sul fine vita, con una sedazione continua. Una decisione presa dopo anni di battaglie giudiziarie e un ultimo via libera del Consiglio di Stato e della Corte europea dei diritti umani. Poi, ieri sera, intorno alle 11, l’ennesimo colpo di scena: la Corte d’Appello di Parigi ha detto no e ha ordinato la “ripresa immediata” dei trattamenti, come raccomandato dal Comitato dei diritti delle persone handicappate dell’Onu. «È una vittoria sullo Stato francese», esulta l’avvocato dei genitori Lambert. Il caso si riapre per sei mesi.

FAMIGLIA SPACCATA – I genitori di Vincent hanno sempre detto no, dal 2013, quando i medici avevano deciso che il figlio non sarebbe più tornato: coscienza minima cronica e irreversibile. Da una parte la madre Viviane, cattolica praticante vicina ad ambienti integralisti, il marito Pierre e due dei loro nove figli, Anna e David. Dall’altra parte Rachel con gli altri fratelli e il nipote Francois. Quando Vincent uscì di casa la sera del 29 settembre 2008 per il turno di guardia in ospedale la loro piccola aveva tre mesi. I gendarmi la avvisarono che il marito aveva avuto un incidente, dicendole solo: «Prognosi riservata».

LE OMBRE – Tre mesi dopo, Vincent uscì dal coma, ma era in stato vegetativo. Rachel cominciò allora a battersi. Nel 2009 lo porta al centro di risveglio di Berck, poi a Liegi, al Coma Science Group. Chiede il parere di equipe mediche, tra cui quella del professor Naccache alla Pitié Salpetrière di Parigi. Il verdetto è sempre lo stesso: coscienza minima cronica e irreversibile. Vincent sente il dolore, può seguire con lo sguardo, a volte ride o piange, ma “non c’è accesso possibile alla coscienza”.

Nell’aprile del 2013 i medici di Reims propongono a Rachel di sospendere le cure, che cominciano a diventare “accanimento terapeutico”. Le chiedono se lui si fosse mai espresso sulla questione. Non per scritto, ma lavoravano entrambi in ospedale e lui glielo aveva detto più di una volta: «Meglio morire che inchiodato a un letto». Lei accetta che si stacchi la spina, ma i genitori no. È l’inizio di una guerra nei tribunali e negli ospedali.

Vincent, ragazzo discreto, riservato, diventa “il caso Vincent Lambert”. Si scopre tutto di lui: le foto del volto distorto, ma anche foto che lo ritraggono mentre sembra guardare un quadro che qualcuno gli piazza davanti. Si scopre l’infanzia e l’adolescenza di un ragazzo che a fatica si adatta all’educazione molto cattolica della famiglia e al collegio di religiosi dove lo mandano e dove avrebbe subito un abuso, come viene fuori in tribunale. Nel 2016 Rachel è nominata tutrice legale del marito. I medici confermano ogni volta: «È irreversibile». E ogni volta i genitori si appellano: al Tribunale amministrativo, alla Corte europea dei diritti umani , al presidente della Repubblica.

Ieri, prima che il Tribunale di Parigi ordinasse la ripresa delle cure, il presidente Emmanuel Macron aveva dichiarato su Facebook che non spetta a lui sospendere “una decisione che dipende dall’apprezzamento dei medici ed è conforme alle nostre leggi, una decisione presa dopo un dialogo costante tra i medici e sua moglie”. Rachel aveva parlato in serata: «Vederlo partire è vederlo tornare un uomo libero. Ognuno può avere le sue convinzioni, la libertà di Vincent non impedisce la libertà degli altri. Ora lasciateci in pace». Ma la pace ancora non c’è.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Mattino

 

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