Riceviamo e pubblichiamo l’intervista realizzata da Opi Firenze-Pistoia con l’autrice Mariachiara Vasile
Anche nelle difficoltà esiste sempre un motivo per essere felici. È questo il messaggio al centro del libro Un sorriso… raro, di Mariachiara Vasile (foto), ragazza affetta da anni da sclerodermia, una malattia cronica di tipo autoimmune. L’Opi Firenze-Pistoia ha voluto approfondire la storia di Mariachiara, che nel libro si racconta e narra il suo percorso medico e psicologico.
Raccontaci un po’ di te. Quando hai scoperto di essere affetta da questa malattia?
«Tutto è iniziato nel 1993. All’età di 5 anni ha cominciato a manifestarsi il fenomeno di Raynaud (caratterizzato dall’eccessivo raffreddamento e cambiamento di colore di alcune aree del corpo, di solito le dita delle mani e dei piedi, dovuto a un anomalo restringimento dei vasi sanguigni, ndr). Ero molto piccola, vedevo il mignolo della mia mano che era bianco ma non riuscivo a capire effettivamente cosa stava succedendo. Quello è stato il campanello d’allarme: i miei genitori mi hanno fatto fare diversi accertamenti, dalla Calabria andavamo a Roma dove però non c’era una terapia mirata, addirittura per sei sono stata sottoposta a ferroterapia, senza ovviamente alcun risultato».
La prima diagnosi?
«La prima diagnosi è stata fatta in Calabria. Poi degli amici di famiglia che facevano i pediatri, di ritorno da un convegno di reumatologia al Meyer di Firenze segnalarono ai miei genitori il nome del professor Falcini. Da quel momento è iniziata la mia “storia” con Firenze, con i miei genitori che hanno sempre cercato di farmi vivere le visite, gli spostamenti e tutto il percorso in maniera serena. Non nego che è stato pesante. Adesso sono 25 anni che convivo con la malattia e cerco di affrontarla con positività».
Cosa ti ha fatto venire voglia di scrivere questo libro?
«Ho voluto di raccontarmi. Quattro anni fa, uscendo da una visita di controllo in seguito a un episodio di affaticamento polmonare, ho trovato una brochure del centro ascolto della Regione Toscana per le malattie rare, che offriva anche supporto psicologico. Io non sopportavo l’idea di rivolgermi a uno psicologo. Facevo fatica a raccontarmi, ma grazie al percorso con Ludovica ho imparato a gestirmi, a non nascondermi e a non nascondere la malattia come invece facevo con gli amici. Ho capito che non dovevo tenere tutto dentro o vergognarmi e così ho deciso di raccontarmi attraverso un libro. E poi credo sia importante richiamare l’attenzione sulla ricerca perché c’è bisogno di farmaci mirati per le patologie rare».
Perché questo titolo?
«Mi è venuto spontaneo perché… mi rappresenta. Perché sono “rara” e perché affronto tutto con il sorriso. Un sorriso che per natura è solo mio!».
Qual è il messaggio che vorresti che arrivasse a chi legge il tuo libro?
«Il messaggio vuole essere “affrontare tutte le cose con positività”. Vorrei incoraggiare chi è affetto da malattie rare ad affrontare il proprio percorso con un umore positivo perché la malattia non deve prevalere o in qualche modo oscurarci. Ci dobbiamo convivere, non la dobbiamo negare o tenere lontano da noi, ma riconoscerla con attitudine positiva. Solo così io ho ritrovato il mio vero io. Penso anche alle mamme con figli che hanno malattie rare e ho voluto dare un messaggio di speranza, un invito a non arrendersi mai anche nella sfortuna della malattia».
Redazione Nurse Times
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