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Pronto Soccorso: è record di accessi impropri. Il 93% dei pazienti è un caso non urgente

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Pronto Soccorso: è record di accessi impropri. Il 93% dei pazienti accede per motivi non urgenti 1
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Prosegue l’inesorabile invasione dei Pronto Soccorso italiani da parte dei cittadini che non hanno alcun bisogno di cure urgenti.

Analizzando i dati relativi alla provincia di Milano, quasi il 93% degli abitanti che si rivolgono al PS lo fa in realtà senza avere nulla di grave. Sono ben oltre 1.500 i pazienti che ogni giorno richiedono cure urgenti senza motivo.

Per la precisione, nel periodo compreso tra gennaio a giugno 2019, ben 271.188 persone sono state tristiate impropriamente negli ospedali pubblici di Milano: 72.092 (24,6%) in codice bianco, altri 199.096 (68%) in codice verde.

Questo esercito di “malati” che avrebbero potuto rivolgersi altrove, tecnicamente può considerarsi accessi impropri che creano inutili file in sala d’aspetto e mettono sotto stress strutture e medici il cui compito è intervenire per i casi gravi.

Tale fenomeno, che prosegue oramai da decenni, è da interpretare come il segnale più evidente del continuo non funzionamento dell’assistenza territoriale.

Nei primi sei mesi dell’anno i codici gialli sono stati 19.234 (6,6%) ed i codici rossi 2.552 (0,9%). Solo l’8% di chi è stato visitato in Pronto Soccorso ne ha pertanto avuto realmente bisogno.

Gli altri ci sono andato poiché la ritengono la soluzione più rapida ai loro problemi di salute: nessun orario, esami clinici necessari eseguiti immediatamente e senza liste di attesa. Tutto ciò senza costi, se non un ticket da 25 euro.

Questi sono i numeri in dettaglio da gennaio a giugno: al Ps del Fatebenefratelli (che ha anche l’oftalmico) si rivolgono in 88.573 (91,2% codici bianchi e verdi), ai Santi Paolo e Carlo in 72.721 (90%), al Policlinico in 57.221 (92%), al Niguarda in 47.364 (97%) e all’ortopedico Pini in 27.095 (97%).

I dati raccolti dal Corriere provenienti in via ufficiale dai vari ospedali non si discostano dalle percentuali degli anni precedenti. Nei primi sei mesi del 2018 la percentuale di accessi impropri al Ps è del 93% (su 292.120 visite). Lo stesso vale se prendiamo tutto l’anno scorso: i codici bianchi e verdi sono il 92,6% su 555.991 pazienti. In sintesi: il problema è cronico e finora nessuno è riuscito a dare ai pazienti un’alternativa convincente sul territorio.

Appare evidente come il Pronto soccorso sia uno specchio dei problemi che attanagliano la sanità italiana: medici di famiglia che, nonostante gli sforzi, spesso non riescono a rispondere alle nuove esigenze della popolazione; malati cronici in aumento che, se non ben seguiti sul territorio, si riversano nei Ps; liste d’attesa troppo lunghe. In questo contesto una visita al Pronto soccorso è la soluzione più semplice, anche se non è corretta.

L’assessorato alla Sanità guidato da Giulio Gallera prova a correre ai ripari con l’ultima delibera del 31 luglio che prevede la nascita di ambulatori ben identificabili sul territorio per offrire prestazioni sanitarie e sociosanitarie per pazienti non acuti: il termine con cui vengono definiti è presidi sociosanitari territoriali (Presst). Da definire nei prossimi mesi cosa realmente offriranno e che fasce orarie copriranno. Inoltre le cooperative dei medici di famiglia potranno, per i 220 mila malati cronici che hanno aderito alla riforma della presa in carico (dati allo scorso maggio), offrire una serie di esami diagnostici di bassa intensità come elettrocardiogrammi, ecografie all’addome e controllo del colesterolo (delibera del 24 aprile che dovrà essere resa operativa da una circolare attuativa). «Il rafforzamento dei servizi territoriali si pone l’obiettivo di fornire a chi non si trovi in condizioni di codice rosso o giallo una rete socio-sanitaria di sicurezza basata su una stretta alleanza fra ospedale e territorio — assicura Gallera —.

In un quadro di azioni per la presa in carico del paziente». Attacca Carlo Borghetti, vicepresidente pd del Consiglio regionale: «A distanza di 4 anni dalla riforma sanitaria di Maroni, che prevedeva una capillare rete di strutture per cure non urgenti, poco o nulla è stato fatto. Invece altre regioni già da tempo hanno capito le nuove esigenze: sono centinaia in Emilia e in Piemonte gli ambulatori aperti tutto il giorno e spesso anche la notte, con medici di famiglia, pediatri, specialisti e infermieri a disposizione. E il risultato è che lì nei Pronto soccorso gli accessi sono calati fino al 60%. Non si può più attendere, la Regione non può più finanziare solo nuovi grossi ospedali ma deve cambiare rotta e garantire i servizi sanitari e sociosanitari più adeguati così da evitare l’utilizzo di massa del Pronto soccorso che crea disagi in primis anche ai cittadini che attendono ore».

Simone Gussoni

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